La maestra Boldrini e l'ultima lezioncina: "Cittadinanza per tutti"

Altro che arbitro, la presidente della Camera detta l'agenda sullo ius soli: "Chi nasce qui sarà italiano anche se ha genitori stranieri"

Il presidente del Camera Laura Boldrini con bimbi di varie nazionalità
Il presidente del Camera Laura Boldrini con bimbi di varie nazionalità

Con il tono da maestrina del quale non sa proprio fare a meno, il presidente della Camera Laura Boldrini ieri ci ha impartito un'altra delle lezioncine con cui si sta impegnando non a guidare i lavori di Montecitorio (dove si segnala per la crescente allergia a presiederne le sedute) ma a cambiare la mentalità degli italiani. Invece che fare l'arbitro «super partes», l'ex portavoce del commissariato Onu per i rifugiati insiste a voler dettare l'agenda politica. Con le sue priorità, i suoi temi, i suoi provvedimenti.
Ieri la terza carica dello Stato era a Lamezia Terme per una cerimonia: il Comune calabrese ha conferito la cittadinanza onoraria a tutti i bambini e bambine residenti in città nati da genitori stranieri. Un atto simbolico deciso dall'amministrazione di sinistra guidata da Gianni Speranza, un professore che prese la tessera del Pci negli anni '70, con uno scopo preciso: «Sollecitare l'approvazione di norme che facilitino l'acquisizione della cittadinanza italiana ai tanti ragazzi/e che sono nati/e nel nostro Paese, parlano italiano, hanno studiato o studiano nelle nostre scuole e si sentono naturalmente parte della nostra comunità». Così si legge nella lettera di invito distribuita alle famiglie lametine interessate. Le quali dovevano dichiarare al messo comunale incaricato del recapito se sarebbero state presenti o no alla cerimonia. Un modo per agevolare l'organizzazione della giornata, ma anche una «schedatura» mascherata.
Laura Boldrini era la «star» della giornata e non si è lasciata sfuggire l'occasione per spingere a favore di una nuova legge sullo «ius soli», cioè il diritto ad acquisire la cittadinanza del Paese in cui si nasce indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Il che non appartiene alla nostra tradizione giuridica, come del resto alla gran parte degli stati europei. È poi in corso proprio a Montecitorio un dibattito in commissione Affari costituzionali e l'uscita del numero 1 dell'assemblea è sembrato un intervento a gamba tesa. In questo modo, la maestra ha promosso i buoni, cioè i favorevoli a cambiare le norme, e bocciato i cattivi.
«Il capo dello Stato - ha detto Boldrini nel discorso durante la cerimonia di Lamezia Terme - ha ricordato più volte ai partiti che i figli di immigrati nati in Italia sono parte del nostro tessuto sociale e che la legge sulla cittadinanza deve aggiornarsi ai tempi. Mi auguro che l'invito del presidente, che è anche il mio, possa essere ascoltato dai partiti uscendo da logiche di contrapposizione».
Una mozione degli affetti è la ragione addotta: «In tempi di globalizzazione non si può ignorare la realtà, e cioè che nel Paese ci sono persone che vengono da altri luoghi ma che fanno parte della nostra società. In Italia ci sono oltre quattro milioni di immigrati. Tanti figli di questi immigrati sono nati qui e sono cresciuti con i nostri figli. Bisogna prendere atto del fatto, quindi, che sono italiani».
Il tema dell'immigrazione è complesso e in rapida mutazione rispetto a qualche anno fa. Gli sbarchi in Sicilia sono ancora numerosi ma non come negli anni scorsi. Crescono gli stranieri che si stabilizzano ma aumentano anche coloro che ritornano nei Paesi d'origine piuttosto che vivacchiare in Italia senza prospettive. Ci vuole pragmatismo, non le parole d'ordine ideologiche. La legislazione di emergenza dev'essere adeguata alle nuove condizioni. Eppure per il presidente della Camera la questione è una sola: applicare lo «ius soli». E così tutto è risolto.
Ancora una volta, con l'ennesimo predicozzo cantilenante, la presidente Boldrini ha smesso i panni del garante, prerogativa del suo ruolo, prendendo una posizione politica.

È un atteggiamento che ha già preso manifestando al Gay Pride, oppure sdegnando l'invito a visitare lo stabilimento Fiat in Val di Sangro perché la Casa di Torino sarebbe protagonista di una «gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro». Che parli di lavoro o di immigrazione, la vestale radical-chic dei diseredati fa prevalere l'atteggiamento ideologico. E la faziosità politica vendoliana.

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