Ci sono inchieste che procedono con calma, che durano anni e di cui spesso ci dimentichiamo tanto vanno per le lunghe, e indagini chiuse in un lampo, pronte per l'aula in men che non si dica. Giustizia a due velocità, a seconda di chi si trova seduto sul banco degli imputati. Se c'è il solito Berlusconi, neanche a dirlo, i magistrati hanno fretta e trovano il modo di aggirare qualsivoglia intoppo. Se gli imputati sono altri, e magari non la pensano come il Cavaliere, le Procure non hanno motivo di spingere sull'acceleratore, talvolta anzi tirano il freno.
Capita così che un'inchiesta come quella per corruzione e finanziamento illecito sull'ex ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ci metta ben cinque anni a vedere la luce, andando incontro a probabile prescrizione. Cinque anni di indagini preliminari, chiuse soltanto in questi giorni con un avviso di poche paginette a indagati e difensori. Tutt'altro ritmo rispetto a quella che a Napoli vede imputato l'ex premier per la vicenda della presunta compravendita di senatori e che recentemente ha spinto i pubblici ministeri a chiedere al gip il giudizio immediato per Berlusconi e per gli altri due indagati, Valter Lavitola e Sergio De Gregorio. A che serve l'udienza preliminare quando per l'accusa è certo che il Cavaliere ha dato 3 milioni di euro a De Gregorio perché cambiasse schieramento contribuendo così alla fine del goveno Prodi? Saltiamola, hanno pensato i pm. L'altolà è arrivato dal gip di Napoli Marina Cimma, che ha rigettato la richiesta della Procura costringendo i magistrati a procedere con il rito ordinario.
A Roma, invece, nessuna fretta di inchiodare l'ex ministro Pecorario Scanio, nel mirino della Procura dall'aprile del 2008. Certo, l'inchiesta è stata travagliata. Nata a Potenza, per caso, da un'indagine che il pm Henry Woodcock stava conducendo sul fotografo Fabrizio Corona, viene trasmessa a Roma per competenza. In mezzo c'è la trasmissione degli atti al tribunale dei ministri e la votazione della Camera che nel marzo del 2011 dice no all'utilizzazione delle intercettazioni telefoniche come fonte di prova. Ma cinque anni sono cinque anni. E sicuramente non ne sarebbero passati così tanti se l'imputato si fosse chiamato in altro modo. Lo scorso 7 febbraio il pm Paolo Ielo ha firmato l'avviso di chiusura dell'indagine, l'atto che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio. La vicenda è quella di presunti favori in cambio di appalti. Il verde Pecoraro Scanio, all'epoca al dicastero dell'Ambiente, per concludere affari e pilotare nomine avrebbe ottenuto viaggi gratis in Italia e all'estero, telefonini e un terreno. Con lui, sotto accusa per finanziamento illecito, gli imprenditori che avrebbero beneficiato delle sue attenzioni, tra cui Mattia Fella, uno dei titolari della Visetur spa, un'agenzia di viaggi che si occupa anche di noleggio elicotteri e aerei privati e che ha stipulato una convenzione con il ministero dell'Ambiente per il servizio di biglietteria e agenzia di viaggio e il cui fratello gemello, Stanislao Fella, è stato nominato membro di una commissione ministeriale. Il pm Ielo contesta a Pecoraro Scanio di aver ottenuto da Fella il pagamento di numerosi trasferimenti in elicottero per un importo pari a 120mila euro e di vacanze private in Italia, Usa e Francia, oltre a soggiorni in hotel di Saturnia, Milano e Perugia. Fella avrebbe inoltre acquistato per l'ex ministro un terreno, pagato 265mila euro, destinato alla costruzione di un agriturismo biologico e una villa con piscina ed eliporto destinata a Pecoraro Scanio. «E ciò - scrive il pm - malgrado la destinazione agricola del suolo in oggetto».
Altra accusa da cui dovrà difendersi, quella di aver utilizzato con altri membri del suo entourage politico diverse utenze cellulari intestate alla Undicidue srl e alla società coooperativa giornalistica Modus Comunicazione. Agli indagati viene contestata anche la corruzione, ma per questo reato la posizione di Pecoraro Scanio è stata stralciata.
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