Roma - È scattata in Parlamento la corsa alle modifiche della legge di Stabilità, e in cima all'agenda delle lagnanze c'è la tassa sulla casa. Il testo del governo piace poco, e non solo alla Corte dei conti o alla Banca d'Italia: tutti i partiti, in prima fila i «soci di maggioranza» della coalizione, stanno affilando le armi per cambiare le norme sgradite, dalla nuova Service tax sugli immobili al cuneo fiscale. Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni parla di «critiche marginali» che a suo dire non intaccano il nocciolo della manovra. «Vive su Marte», replica il capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta, che chiede l'immediata convocazione della cabina di regia per concordare le modifiche. In serata, per discuterne, Enrico Letta incontra a palazzo Chigi Angelino Alfano, Renato Schifani e Brunetta.
Entro giovedì 7 novembre dovranno essere presentati gli emendamenti alla commissione Bilancio del Senato, e c'è da giurare che saranno migliaia. Su un punto, Pdl e Pd concordano: la tassa sulla casa non va. Ma le ricette per cambiarla sono diverse. «Il prelievo sugli immobili non deve aumentare rispetto ad oggi», dice uno dei relatori, il Pdl Antonio D'Alì. Concedendo ai Comuni di elevare l'aliquota della Tasi fino al 2,5 per mille, il governo di fatto reintroduce l'Imu, osserva Daniele Capezzone. Il Pd punta invece a esentare dall'imposta i redditi più bassi, ripristinando una detrazione di base di 50 o 100 euro: chi era esentato dall'Imu, propone il segretario democratico Guglielmo Epifani, non deve pagare la Tasi. «I mini sgravi non bastano», conferma il relatore Pd Giorgio Santini, pur consapevole che dal punto di vista delle coperture tutto questo comporti «un mare di problemi».
Anche sul cuneo fiscale, le critiche hanno lasciato il segno. Troppo esigui i benefici nelle buste paga, non si può pensare che 100 euro in più all'anno siano un volano per i consumi. Così l'idea è di limitare la platea dei dipendenti che avranno diritto allo sgravio fiscale: da 55mila euro l'anno, il limite scenderebbe al limite del secondo scaglione Irpef, 28 mila euro l'anno, concentrando così l'impatto sui lavoratori con reddito più basso. Secondo il Pd, bisognerebbe poi creare un fondo alimentato dai proventi della lotta all'evasione e del rientro dei capitali dall'estero, e destinato a allargare negli anni prossimi la platea dei lavoratori con diritto agli sgravi fiscali. Per il Pdl occorre reperire più risorse per questo capitolo, ad esempio utilizzando i proventi fiscali legati alla rivalutazione delle quote Bankitalia in mano alle banche. «Vorremmo più interventi sul salario di produttività», spiega D'Alì.
Di fronte ai propositi che giungono dal Parlamento, il ministro dell'Economia cerca di pigiare il pedale del freno. «È evidente che non ci sono soluzioni semplici per reperire le risorse da concedere per sgravi più ampi», dice. E nel suo intervento alla Giornata del risparmio, si lancia in previsioni a medio termine sul quadro economico italiano.
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