Marchionne-Della Valle, accuse e insulti

Marchionne-Della Valle, accuse e insulti

I sindacati non nascondono la delusione per l'esito dell'incontro di sabato, a Palazzo Chigi, tra i vertici Fiat e il governo, e guardano con scetticismo al summit che avranno oggi con i ministri del Lavoro e dello Sviluppo economico, Elsa Fornero e Corrado Passera. Appuntamento che il leader della Uil, Luigi Angeletti, boccia a priori: «Del tutto inutile - commenta - perché il governo non ci dirà nulla di più di quello che già sappiamo». Perplessità e timore che il vertice odierno possa essere non più di una pura informativa è il clima che si respira anche nella sede della Cgil, mentre Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, che non sarà presente alla riunione, avrebbe preferito che le cose in agenda oggi a Palazzo Chigi «me le riferisse direttamente Sergio Marchionne».
Un suo incontro, comunque, con l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler potrebbe avvenire al ritorno di quest'ultimo dagli Stati Uniti, allo scopo, spiega Bonanni, di «preparare nei dettagli la riunione già programmata per fine ottobre», anche se l'appuntamento per la revisione del piano industriale, in coda al consiglio di amministrazione sulla trimestrale, non si terrà più. Marchionne, intanto, tornato al vecchio look (via la barba e capelli più corti, ma con indosso sempre il pullover nero d'ordinanza) è intervenuto ieri all'assemblea generale dell'Unione industriale di Torino. Nessuna ipotesi di riavvicinamento alla galassia confindustriale dopo l'uscita di scena di Emma Marcegaglia, ma solo - dicono fonti vicine all'ad - una visita di cortesia a seguito della nomina di Licia Mattioli a presidente dell'Unione e l'esigenza di tornare, in una sede istituzionale, sui temi caldi del momento.
Ecco allora il top manager lanciare messaggi rassicuranti sullo stato di salute della Fiat, ricordando che «i risultati del primo semestre sono totalmente in linea con gli obiettivi per l'anno». «La verità - ha aggiunto - è che non siamo malati, bensì sani e in ottima forma». A soffrire è il mercato automobilistico europeo («un disastro, ai minimi storici degli ultimi 30 anni»). Marchionne ha quindi sottolineato come la situazione investa anche gli altri costruttori e che il nodo che da sciogliere continua a essere quello dell'eccesso di capacità produttiva: «C'è chi ha annunciato chiusure di impianti, chi conta l'entità delle perdite, chi tagli gli investimenti e chi chiede aiuti al governo». I casi recenti di Porsche (potrebbe rallentare i ritmi produttivi nel 2013) e Mercedes (allarme profitti per il secondo semestre), «dimostrano - afferma l'ad - che siamo tutti sulla stessa barca». Sono seguiti due affondi: uno alla Consob («tra aprile 2010 e ottobre 2011 abbiamo ricevuto una raffica di richieste, 19 lettere in cui si chiedevano i dettagli finanziari e tecnici su Fabbrica Italia»), il secondo (stuzzicato dai giornalisti), tranchant, a Diego Della Valle («non parliamo di gente che fa borse, io faccio vetture; quanto lui investe in un anno in ricerca e sviluppo, noi non ci facciamo nemmeno una parte di un parafango. La smetta di rompere le scatole»).
L'Authority guidata da Giuseppe Vegas ha risposto che «è stato fatto solo il nostro lavoro». Il patron di Tod's, invece, aveva descritto i vertici del Lingotto «degli improvvisati» e ironizzato sul gruppo, colto «con le mani nella marmellata perché se ne voleva andare, con gli uffici stampa che lavorano più degli uffici progettazione; Marchionne deve dare le risposte non a Della Valle, ma agli operai che aspettano un posto di lavoro». Una stoccata se l'è presa anche Volkswagen, a proposito del tormentone Alfa Romeo e a un possibile intervento tedesco in Italia: «Ben venga un loro stabilimento, ma l'Alfa non è in vendita. Le loro spacconate non mi sorprendono». E se al governo Monti, Marchionne chiede di «fare la sua parte per rimuovere le zavorre che stanno ancorando il Paese al passato», sull'ormai ex piano Fabbrica Italia, il top manager è stato chiaro: «Era un progetto disegnato per contribuire alla soluzione dei problemi del Paese e al suo futuro sviluppo, poi all'improvviso è diventato un obbligo, anche per Susanna Camusso (Cgil) che parla molto di diritti e poco di doveri. Chiunque gestisca un'azienda, sa che gli indirizzi strategici devono essere modificati e adeguati ai movimenti dei mercati».
A sorpresa, verso la fine dell'intervento, ecco il mea culpa di Marchionne per il partner «cercato costantemente in ogni modo da coinvolgere nelle nostre attività in Italia», e mai arrivato. «Non ho avuto successo - ha ammesso il top manager - e dichiaro il mio completo fallimento. Non c'è nessuno che voglia accollarsi anche una sola delle zavorre italiane. Vorrei essere chiaro su un punto.

Non sono i lavoratori, non è la nostra gente il problema. Il sistema lo è». Un mea culpa, comunque, da interpretare come l'ennesimo messaggio alle stanze dei bottoni del Paese: o si cambia alla velocità della luce oppure sarà black-out.

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