Marino affoga nell'acqua inquinata

Il sindaco Pd sempre più in difficoltà: l'ordinanza che vieta l'uso potabile a Roma Nord resa nota con una settimana di ritardo

Marino affoga nell'acqua inquinata

Roma - Arsenico e vecchi batteri. Dopo aver minacciato di bloccare la città per far aprire al governo i rubinetti finanziari del Salva-Roma, Ignazio Marino chiude i rubinetti non metaforici a cinquemila romani. Le polemiche sui 570 milioni in arrivo nella Capitale commissariata, però, non c'entrano. Il taglio dell'acqua a Roma Nord non rientra nella spending review che attende il primo cittadino, anche se la dice lunga sui problemi da affrontare nella Città Eterna. La questione è letterale. Un'ordinanza del sindaco Ignazio Marino definisce «non adatta al consumo umano» per caratteristiche «chimiche e batteriologiche» l'acqua di 500 utenze. L'acqua - analizzata dalla Asl per verificare i livelli di colibatteri, floruri e arsenico - è contaminata, e dunque Marino ne proibisce il consumo fino al 31 dicembre prossimo, affidando a camion-cisterna il compito di rifornire gli abitanti delle zone interessate. Oltre che nell'acqua, il veleno è nelle polemiche seguite al modo in cui il Campidoglio ha divulgato la notizia. L'ordinanza di Marino è del 21 febbraio, ma il protocollo arriva solo il 27, e la pubblicazione sul portale web del comune - dove l'ordinanza è stata messa in evidenza solo nel pomeriggio di ieri, quando il quotidiano romano Il Tempo aveva sparato in prima pagina il ritardo dato alla notizia - tarda di un altro giorno. Così l'allarmante notizia si è diffusa solo sabato. Di fronte alle perplessità dei circa cinquemila residenti dei quartieri «bagnati» dall'acqua contaminata, che per una settimana hanno aperto i rubinetti senza che nessuno li avvertisse che non era il caso di bere e lavarsi, Campidoglio e presidenze dei due municipi interessati (il XIV e il XV) hanno minimizzato.

Per il presidente del XV municipio i disagi saranno «limitati e ben gestibili» perché «molti dei residenti delle vie coinvolte da tale disservizio si servono da sempre di pozzi e non degli acquedotti dell'Arsial». Il Comune, invece, rimarca che il divieto riguarda «solo 500 utenze in aree rurali», aggiungendo che sulle bollette dell'Arsial già da due anni «è riportata la dicitura “acqua non potabile”». Non è chiaro se l'ordinanza di divieto arrivi dunque in ritardo di due anni o se invece, essendo i residenti già informati dall'avviso sulle bollette, non sia l'atto firmato da Marino la scorsa settimana a essere superfluo. «Il Comune ha l'acqua in bocca», ironizzano i capigruppo di Forza Italia in consiglio regionale e in Campidoglio, Luca Gramazio e Giovanni Quarzo, polemizzando per i ritardi della divulgazione della notizia e riferendo dell'assalto domenicale ai supermercati dei residenti, a caccia di casse di minerale. E il segretario della «Destra verso An», Francesco Storace, attacca Marino e chiede l'intervento dell'Arpa Lazio. Il Campidoglio insiste nel ridimensionare una «situazione nota da molto tempo». Ma Legambiente smonta il teorema difensivo dell'«emergenza annunciata».

Secondo l'associazione ambientalista, infatti, è «assurdo e gravissimo che migliaia di romani rimangano senza acqua potabile fino al prossimo dicembre», ed è soprattutto «vergognoso che si sia giunti a questo intollerabile stato di emergenza» proprio perché «la questione è nota da anni».

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