Maroni avverte: "Con questa maggioranza dialogo impossibile"

L'ex ministro del Welfare: "Non c'è traccia di federalismo fiscale. Il governo costringe i comuni ad aumentare le tasse e così si torna indietro di 15 anni"

Maroni avverte: "Con questa maggioranza dialogo impossibile"

Conquesta Finanziaria si chiude ogni possibilità di dialogo tra la maggioranza e la Lega Nord. Ad annunciarlo è il capogruppo alla Camera Roberto Maroni, che motiva la scelta con il mancato rispetto delle promesse sul federalismo fiscale, ma anche con una manovra che scontenterà tutti, creando «allarme sociale». Ed è questo - spiega - il senso delle parole di Bossi.

Come può creare allarme una riduzione dell’Ici?
«Così come l’hanno fatta rischia di diventare una presa in giro per i cittadini, perché non hanno ancora definito il meccanismo per compensare i comuni. Quindi le alternative sono due: o diminuiranno i servizi oppure i sindaci aumenteranno le addizionali. Di fatto è una manovra centralista perché riduce l’autonomia dei comuni, soprattutto di quelli piccoli. È un passo indietro di 15 anni».

Ha raccolto l’allarme degli amministratori leghisti?
«Noi siamo particolarmente sensibili perché tutti i sindaci della Lega Nord hanno basato le loro campagne elettorali sull’invarianza delle addizionali».

Le imprese hanno incassato la riduzione dell’Ires e dell’Irap. Non era anche nel vostro programma?
«Le imprese hanno poco da rallegrarsi. Sono tagli con il trucco visto che devono essere a gettito invariato. Diminuisce l’Ires, ma aumenta la base imponibile e così fanno rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta».

E su welfare e lavoro, materie di quando era ministro? «Smentiscono loro stessi perché dicono di voler combattere il precariato, ma favoriscono il lavoro nero. L’unica entrata certa è data dall’aumento dei contributi per gli atipici e questo porterà a un aumento del sommerso».

Sempre in tema di welfare c’è il rinvio del protocollo. Come andrà a finire?
«Non capisco come possono pensare di approvare la legge in tempo. E se non riescono a farlo entrerà in vigore la mia riforma delle pensioni».

Lei pensa che alla fine scatterà lo scalone?
«Conoscendoli penso che il rinvio sia stato deciso per incassare l’approvazione della Finanziaria al Consiglio dei ministri. Macredo anche che ci sia un accordo sottobanco per inserire all’ultimo minuto il protocollo nel maxiemendamento e quindi per inserirlo nella Finanziaria. A quel punto tutti saranno costretti a votarlo. Un imbroglio ai danni di chi il protocollo lo voleva cassare o modificare».

Se si tratta di un’operazione politica deve riconoscere che è abile...
«Il governo potrà anche sopravvivere, ma alla fine rimarranno tutti scontenti: i comuni, le imprese e gli elettori della sinistra radicale. Gli rimane solo Veltroni, forse. I partiti della sinistra radicale fanno finta di non vedere quello che non possono non sapere. E se alla fine i loro elettori saranno costretti a ingoiare il rospo, aumenterà la rabbia nei confronti di questo governo. E potrà arrivare anche a livelli di pericolosità sociale».

È un caso che queste parole ricordino quelle di Umberto Bossi?
«L’allarme lanciato da Bossi era esattamente questo, al di là delle stupidaggini dette in questi giorni da qualcuno. Il rischio è che all’antipolitica si sommi la reazione rabbiosa di chi si sente preso in giro, come i comuni, dei piccoli e medi imprenditori che si vedranno aumentare le imposte e di chi voleva cancellare il protocollo. È una miscela che rischia di esplodere. Questo è l’allarme lanciato da Bossi».

Questo significa anche che è da considerare chiusa ogni possibilità di contatto tra la Lega e il centrosinistra sulle riforme?
«Il tre agosto il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sul federalismo fiscale che doveva entrare in Finanziaria. Almeno così ci aveva detto il ministro Tommaso Padoa-Schioppa. Invece non è nemmeno arrivato in Parlamento. Questa promessa mancata per quanto ci riguarda chiude del tutto la porta del dialogo con il centrosinistra. Non credo sarà facile riaprirla».

Nemmeno se dovessero mettere nel piatto il federalismo?
«Se uno non sa giocare a rubamazzetto non può pensare di

diventare campione di scopone scientifico. Se non riescono a portare in Parlamento il federalismo fiscale, non vedo come riescano a fare cose più impegnative come le riforme istituzionali o come la riduzione dei parlamentari».

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