La serata dell’orgoglio padano è la serata della prova di forza maroniana. Per la prima volta nella storia della Lega i militanti applaudono Umberto Bossi meno del suo delfino e ogni tanto lo fischiano. A tratti nemmeno lo ascoltano, impegnato a scandire «chi non salta Rosi Mauro è». Il leader è un altro. Roberto Maroni è il nuovo padrone. Del partito, del palco, della platea, delle parole d’ordine: pulizia, rilancio, unità. Alla fine Bossi lo abbraccia. Ma il discorso del capo non detta più la linea, sembra andare a rimorchio di chi ha parlato prima di lui. Di Maroni.
L’ex ministro è l’unico che arringa le camicie verdi assieme a Bossi. Tace Roberto Calderoli nella sua Bergamo. Il clima è da derby nel capannone della fiera di Bergamo: Bossi-Bossi, Maroni-Maroni, Lega-Lega. Un derby dal vincitore annunciato. Si spengono le luci per vedere un filmato, scorrono le immagini di Pontida, Bossi che urla ai «fratelli padani» che vincono i popoli, non gli eserciti.
Ma sembrano parole vuote. Qui non si parla di popoli, ma di «farabutti», gente da espellere, traditori. Maroni conia il nuovo motto padano: chi rompe le balle fuori dalle balle. E tra i reprobi non ci sono soltanto Renzo Trota e Rosi Mauro, ma anche Silvio Berlusconi che dovrebbe andare «fuori dai coglioni»: gli ultrà padani lo ripetono più volte.
«Il terremoto è appena cominciato», garantisce il presidente della Provincia di Bergamo, Ettore Pirovano. «Chi ha sbagliato via, chi ha approfittato via!». È il modo per scaldare i padani alla star della serata. La fiera sembra crollare quando prende il microfono Maroni: «Sono giorni di passione, di dolore, di rabbia per l’umiliazione, l’onta di essere considerati un partito di corrotti. Bossi non si merita quello che è successo».
L’affondo sull’ex tesoriere Francesco Belsito: «Ho provato orrore per le accuse di collusione con la ’ndrangheta e la mafia, cose inaudite, orrende. Ma sono anche giorni in cui si risveglia l’orgoglio di essere leghisti, della Lega di un tempo, onesta. Lo dimostra la reazione dei tanti che non ci stanno, che vogliono ripartire, e stasera ripartiamo con le nostre straordinarie battaglie. La Lega, la potentissima, non è morta e non morirà mai, riparte da questa meravigliosa platea, non ci sono cerchi che tengano».
«Dobbiamo fare pulizia»: tripudio. «È intollerabile accettare la violazione del nostro codice morale e dei valori leghisti. Chi sbaglia paga». E parte il coro «Rosi Mauro fuori dai maroni». «Chi ha preso soldi della Lega li dovrà restituire fino all’ultimo centesimo - urla Maroni con la maiuscola - Umberto Bossi, che conosco da quarant’anni, non c’entra nulla ma ha fatto un gesto di grandissima dignità con le dimissioni. Renzo Bossi ha seguito l’esempio, è un gesto che apprezziamo», dice Bobo ma i suoi lo assordano di buuuh e fischi. «Giovedì prossimo il consiglio federale procederà all’espulsione di Belsito».
Toccherà lo stesso destino anche alla Rosi. «Bossi le ha chiesto un gesto di dignità», e i fischi sono incontenibili. «Dispiace che non abbia accolto la richiesta del presidente, ma ci penserà la Lega a dimetterla. Così finalmente forse potremo avere un sindacato padano vero. Non è una caccia alle streghe. Lo dico io che avrei tanti motivi di rancore, tentarono di espellermi 15 anni fa e sono ancora qui. Però dobbiamo finirla con i complotti, le scomuniche e i cerchi. Basta. Da oggi si cambia. Parte un nuovo corso con nuove regole». Eccole. Prima: i soldi alle sezioni. Seconda: meritocrazia. Terza: largo ai giovani. Quarta: fuori chi non le rispetta.
Maroni non si ferma. «Oltre alle regole, oltre a fare pulizia, dobbiamo pensare alla cosa più importante: l’unità del movimento per vincere la nostra battaglia, l’indipendenza della Padania. La Padania non è mai stata minacciata come in questo momento, dalla crisi, dal governo, dall’Europa e dalla finanza internazionale. La partitocrazia e Roma vogliono annientare la Lega. Tenteranno ancora di dividerci».
Ma bisogna fare presto. «Abbiamo valutato la necessità di fare subito i congressi nazionali (cioè regionali, ndr) e il congresso veneto lo stesso giorno del lombardo. Dobbiamo dare un segnale forte di coesione straordinaria. E dopo i congressi nazionali bisogna anticipare anche il congresso federale, entro giugno, per dare una guida salda e forte al movimento. Non lo dico per me, ho già detto che se Bossi si ripresenterà io lo rivoterò».
L’obiettivo non sono tanto le imminenti amministrative, quanto le elezioni politiche
dell’anno prossimo. «Abbiamo un sogno nel cuore» esclama Maroni, la gente urla «secessione» ma sbaglia: «Diventare nel 2013 il primo partito della Padania. Possiamo farcela». Con tanti saluti a un nuovo accordo con il Pdl.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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