Un contro-piano? Il piano anti-Renzi? Forse e più semplicemente, il vero piano del lavoro che parta dal buonsenso e che sia dalla parte della gente. Che possa creare prospettive e opportunità di lavoro. Che possa alleggerire la pressione fiscale. Che renda le nostre aziende più competitive e favorisca gli investimenti. Questo è il job act, il piano del lavoro messo a punto da Forza Italia. «Un piano - ricordano da Fi - riassunto nella nostra equazione del benessere: meno tasse, più consumi, più investimenti, più crescita, più lavoro, più gettito, più welfare, più benessere per tutti. Nel programma elettorale 2013, votato da 10 milioni di italiani, abbiamo proposto di ridurre di 80 miliardi in 5 anni (16 miliardi all'anno) la spesa pubblica corrente (attualmente pari a 800 miliardi) e di ridurre di pari importo la pressione fiscale, portandola dall'attuale 45% al 40%, sempre in 5 anni. Tutto questo per portare la nostra economia a crescere a un ritmo di almeno il 2%. Stimolando così i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese. Tutto questo significa più gettito e più risorse per gli ammortizzatori sociali. Quindi più benessere».
Se la filosofia del piano di Forza Italia è questa vediamo, in sintesi, i passaggi più salienti e incisivi del progetto predisposto dalla compagine berlusconiana. E cominciamo dai conti da cui il piano parte: 16 miliardi all'anno vengono da: riduzione del servizio del debito (6-7 miliardi all'anno); recupero evasione ed erosione fiscale (5-6 miliardi); riduzione dei consumi intermedi delle Pubbliche amministrazioni (-2%: 2-3 miliardi); riduzione della spesa per i dipendenti pubblici(-1%: 1-2 miliardi); implementazione dei costi standard di sanità (-1%: 1-2 miliardi). E ancora 16 miliardi all'anno vengono da: famiglie (8 miliardi all'anno): quoziente familiare (costo totale: 16miliardi. Realizzabile in 2 anni); 2 sole aliquote Irpef: 23% e 33 % (costo totale: 24 miliardi. Realizzabile nei successivi 3 anni). Imprese (8 miliardi all'anno): abolizione dell'Irap (costo totale: 34 miliardi. Realizzabile in poco più di 4 anni). L'insieme di tutto questo ci può portare: non solo ad avere tassi di sviluppo costanti sopra il 2%, ma a riportare il tasso di disoccupazione in Italia intorno al 5%-6%. Con una creazione di almeno 3 milioni nuovi posti di lavoro in 5 anni. E con la riduzione della cassintegrazione al suo livello fisiologico. Ma come è possibile raggiungere questi obbiettivi? Nel job act di Forza Italia diventano prioritari gli interventi volti a favorire l'occupazione nel settore privato attraverso: il riconoscimento alle imprese, per le nuove assunzioni di giovani a tempo indeterminato, di una detrazione (sotto forma di credito d'imposta) dei contributi relativi al lavoratore assunto, per i primi 5 anni; la promozione di contratti di apprendistato, la promozione di contratti di lavoro a tempo parziale e di contratti di inserimento delle donne nel mercato del lavoro; credito di imposta in favore delle imprese che assumono nelle aree più svantaggiate; sostituzione dell'attuale sistema dei sussidi alle imprese con contestuale ed equivalente riduzione delle tasse sul lavoro e sulla produzione; incentivi alle imprese di giovani imprenditori: per 3 anni, vantaggi fiscali per le imprese di under 35; ritorno alla Legge Biagi per uno «Statuto dei Lavori»; sviluppo della contrattazione aziendale e territoriale, in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle imprese; buoni dote per la formazione partecipazione agli utili da parte dei lavoratori; revisione dei premi Inail, con particolare riferimento agli artigiani, in funzione del rischio reale, sulla base di un criterio bonus-malus.
Ma c'è anche un altro fronte aperto, il lavoro pubblico.
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