RomaNon tutte le ciambelle riescono col buco. E ieri c'ha pensato la Merkel in persona a smascherare Repubblica. È successo che domenica scorsa Berlusconi, con una lunga intervista al Giornale, preannunciasse di fatto la sua ridiscesa in campo. Terrore nel centrosinistra e, naturalmente, anche dalle parti di largo Fochetti? Che fare per impedire che l'odiato Cavaliere torni prepotentemente in pista? Furba la mossa del quotidiano di Ezio Mauro: sotto l'articolo di cronaca che dava conto delle dichiarazioni di Berlusconi, ospite sulla nave da crociera Msc Divina con i nostri lettori, un retroscena al veleno. Titolo: «L'ex premier non va preso sul serio, ma se ritorna lui allora l'euro finirà». E ancora: «La paura dei tedeschi dopo gli affondi del capo del Pdl. A Berlino temono che possa compromettere i progressi dell'Unione». Il tutto corredato abilmente con due foto: una di Angela Merkel, l'altra di François Hollande. Insomma, il messaggio di Repubblica è chiaro: sia la cancelliera, sia il presidente francese sarebbero atterriti all'idea che alla guida del Paese possa tornare il Cavaliere. È davvero così? A dir la verità l'autore dell'articolo, correttamente, iniziava così il suo articolo da Berlino: «No comment, dicono interpellati telefonicamente da Repubblica ambienti governativi». Ma poi si dava conto di chiare ed evidenti preoccupazioni di ambienti teutonici all'eventuale vittoria di Berlusconi e il suo centrodestra.
Peccato che, a distanza di poche ore, proprio la cancelliera abbia smascherato il giochino di Ezio Mauro. Stuzzicata da un giornalista che le ha chiesto un commento sul possibile ritorno in campo di Berlusconi, la Merkel ha detto chiaro e tondo: «Sono un politico democratico e rispetto i risultati elettorali di ogni Paese». E ancora: «Sono concentrata sulle questioni che rientrano nella mia sfera di influenza, in Germania». Insomma, se gli italiani democraticamente sceglieranno di essere governati ancora da Berlusconi o da qualcun altro, Berlino ne prenderà atto come è naturale che sia. Anche se, va ricordato, non è vero che la cancelliera non abbia avuto alcun ruolo nelle dimissioni del governo Berlusconi. Indiscrezioni riportate di recente anche dal Wall Street Journal, e non smentite, raccontavano di telefonate partite da Berlino alla volta del Quirinale. I contenuti dei colloqui? Ovviamente top secret ma presumibilmente erano chiacchiere che vertevano sulla preoccupazione di Berlino che Berlusconi non avesse abbastanza forza politica per portare avanti le riforme necessarie. Quindi non è propriamente vero che la cancelliera non sia mai entrata negli affari interni di un altro Paese.
In ogni caso, per restare al presunto terrore di Berlino sul ritorno del Cavaliere, in realtà lo scetticismo tedesco sul Cavaliere è di un intellettuale, il professor Michael Stuermer, ex consigliere di Helmut Kohl e noto per le sue posizioni ultraortodosse. Anzi, Stuermer spesso ha dato addosso alla Merkel, rea di aver «ceduto» sul fronte della solidarietà nei confronti dei deboli d'Europa; e spesso ha dato addosso all'Italia, dichiarando che «Roma ha bisogno dell'Europa più di quanto l'Europa abbia bisogno di Roma». Ma tant'è. Siccome è tedesco, allora per Repubblica la Germania teme il ritorno di Berlusconi.
La cancelliera ha ieri parlato in altri termini del nostro Paese. Sull'ipotesi di chiedere aiuto al fondo salva stati in chiave anti-spread, «l'Italia deciderà da sola». E poi ha assicurato che l'argomento non è stato trattato in una recente telefonata con Monti: «Abbiamo parlato della situazione generale e non di una eventuale applicazione (del meccanismo anti spread); e comunque l'Italia sta portando avanti il suo programma di riforme con molto coraggio e ha già percorso molta strada con le sue decisioni». Con Monti «abbiamo convenuto che vogliamo che la situazione in Eurozona si evolva in maniera sensibile». In ogni caso la cancelliera non ha mancato di piantare i suoi paletti nei confronti di Draghi: «Per la Bce la politica fiscale non è indicata nei trattati europei, quindi Draghi non dovrebbe avventurarsi nel regno della politica fiscale.
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