MilanoForse si è fidato troppo della sua vecchia cintura nera di judo e quando il rapinatore l'ha aggredito, nonostante i suoi 74 anni suonati, ha reagito. Una breve colluttazione poi una serie di colpi con un pesante oggetto, le mani protese in un inutile difesa. Il gioielliere è caduto a terra con il sangue che usciva copioso dalle ferite alla testa mentre il bandito arraffava qualche prezioso e fuggiva, anche se il suo volto potrebbe essere rimasto nelle registrazioni delle telecamere in zona. Chissà quanto tempo ha poi passato agonizzante Giovanni Veronesi nel suo negozio, prima che la compagna, preoccupata perché non rispondeva al telefono, passasse a controllare e lo trovasse morto.
Finisce così nel sangue l'assalto in pieno centro, via dell'Orso a Milano, un senso unico piuttosto trafficato che, ironia della sorte, sbuca proprio davanti alla questura. E proprio per questo considerata dai numerosi gioiellieri della zona abbastanza sicura. «Qualche furto, qualche spaccata, ma aggressioni fisiche non ne ricordiamo proprio» raccontano Massimo e Gianni Barbato titolari di «Gioielli dell'Orso» al civico 9, pochi passi dal 3 dove si apriva la vetrina dell'amico Veronesi. «L'abbiamo visto anche oggi, verso le 10.30: è passato qui davanti e ci ha salutato».
Come ogni giorno dunque Veronesi apre la sua storica oreficeria, specializzata in preziosi antichi, creata ancora dai genitori. Quella dei Veronesi infatti è una sorta di «dinastia»: Antonella, 47 anni, ha il negozio vicino a papà; Guglielmo, l'altro figlio di 46, ne ha una al 12 di via Manzoni. E per non sbagliarsi, il signor Giovanni quando lasciò la moglie tanti anni fa, si poi era messo insieme con Susanna, 60 anni, anche lei gioielliera. È proprio lei ad allarmarsi perché all'ora di pranzo Giovanni non si è ancora fatto vivo. Passa a prendere Antonella e si affaccia alla vetrina.
Dentro l'anziano orefice è steso a terra, in un lago di sangue. Sangue anche sui muri e sui mobili. Alle 13.11 parte la telefonata al 118: al momento non è ancora chiaro cosa sia successo, ma la centrale operativa, ad ogni buon conto gira l'allarme anche ai carabinieri. Sul posto arriva un'ambulanza e un'auto medica, forse l'uomo è già morto, ma il rianimatore prova ugualmente a fargli ripartire il cuore, poi deve arrendersi. La sua compagna cade svenuta e viene portata in ospedale.
Arrivano anche i carabinieri e in pochi istanti è chiaro cosa sia successo. Uno o più banditi sono entrati, l'orefice ha reagito ed è stato colpito al capo con un oggetto pesante. Ha le classiche «ferite da difesa» alle mani e una molto profonda al capo, anche se al momento non si esclude la vittima abbia picchiato la testa contro un mobile cadendo a terra. Uno spigolo del bancone infatti risulta particolarmente imbrattato di sangue. È sicuramente una rapina, perché le vetrinette interne sono state infrante e dagli espositori mancano molti preziosi.
I carabinieri devono innanzitutto capire quando sia avvenuta l'aggressione, per poi cercare testimoni e riscontri. La squadra rilievi ha campionato impronte e sangue, nella speranza che i banditi abbiano lasciato qualche traccia dietro di sé. Infine le solite immancabili telecamere. Ce n'è una dentro la gioielleria, ma sembra non fosse in funzione o quanto meno collegata a nessun impianto di registrazione. La strada però, vista la presenze negozi di livello, ne è piena, In particolare quelle poste all'ingresso di un hotel avrebbero ripreso due persone arrivare, una si ferma fuori, l'altra entra, rimane da Veronesi pochi minuti e quindi esce e si allontana con l'amico. Forse l'assassino e il palo.
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