Politica

Montezemolo critica tutti tranne se stesso

«Le rivendicazioni salariali in campo ostacolano il dialogo: così, ci saranno licenziamenti»

Gian Battista Bozzo

da Roma

«L’economia italiana attraversa la stagione più difficile dal dopoguerra», e per uscirne servono «scelte urgenti, coraggiose, probabilmente impopolari». «Abbiamo bisogno di una politica alta», maggioranza e opposizione «tolgano dalla testa le urne elettorali, e facciano scelte di rigore orientate allo sviluppo». Per crescere l’Italia ha bisogno dell’Europa, «non è il Patto di stabilità la causa della stagnazione».
Mentre i centri di ricerca nazionali e stranieri indicano il nostro Paese come «il malato d’Europa», Luca di Montezemolo presenta una relazione da ultima spiaggia, indicando ritardi e responsabilità di governo, sindacati, banche, istituzioni, autorità di vigilanza. L’industria, «colonna portante dell’economia» da troppo tempo è stata «dimenticata, se non addirittura trascurata. E oggi - afferma il presidente della Confindustria - se ne pagano le conseguenze».
Nell’auditorium della capitale, la musica suonata da Montezemolo risuona con toni cupi. Il presidente della Confindustria critica un sistema fiscale pesante e squilibrato, che penalizza le imprese e premia soprattutto la rendita. Per ogni cento euro di salario netto, l’impresa italiana paga 193 euro: più di quella francese, spagnola, inglese. «Togliere l’Irap sul lavoro è urgente, per far recuperare competitività» e in prospettiva bisogna spostare la tassazione verso l’imposizione indiretta. Ma il taglio dell’Irap va fatto «senza pregiudicare i conti dello Stato: non vogliamo pagare con più deficit quella tassa che dev’essere comunque rimossa». Nessuna indulgenza, poi, con il sommerso che rappresenta circa il 25% del pil, «una colossale quota di ricchezza sottratta al fisco e alla collettività».
Non vanno meglio le relazioni sindacali. «Devo dire con rammarico - osserva Montezemolo - che al di là delle buone intenzioni, un anno è trascorso senza risultati concreti». Rivendicazioni salariali «al di fuori di ogni compatibilità e che pretendono di stravolgere unilateralmente le regole del gioco» stanno ostacolando il dialogo, e i sindacati devono ritrovare «una linea unitaria e realistica, per evitare che si interrompa». È chiaro il riferimento del presidente degli industriali ai negoziati dei metalmeccanici e del pubblico impiego: «Basta coi contratti i cui rinnovi costano sacrifici alle finanze pubbliche senza migliorare i servizi». Se le imprese non migliorano in competitività, i maggiori salari saranno solo «l’anticipo di futuri licenziamenti». La Confindustria si prepara perciò a presentare proposte per «rifondare» le relazioni sindacali con un modello adeguato ai tempi.
Concorrenza e competitività, afferma Montezemolo, sono principi che devono ancora trovare piena attuazione, in Italia e nel mondo. Nella competizione globale non bisogna avere paure, come quella della Cina, perché la paura «è cattiva consigliera»; bisogna però pretendere che le regole siano rispettate. All’interno, il presidente della Confindustria osserva con preoccupazione «la strisciante invadenza dello Stato nell’economia», ma soprattutto critica con asprezza la «malintesa battaglia per l’italianità delle banche» che si è scatenata dopo le Opa estere su due istituti nazionali. «Non è stato un bello spettacolo - dice Montezemolo, raccogliendo convinti applausi dagli imprenditori in platea - non abbiamo guadagnato nulla. Spero che non abbiamo perso troppo, soprattutto per quanto riguarda la nostra immagine sui mercati esteri». I fatti delle ultime settimane, aggiunge, «ci dicono che sono necessarie le regole, e le autorità capaci di farle rispettare».
Regole, liberalizzazioni, ma anche modernizzazione e infrastrutture. Queste le domande delle imprese italiane. Che non vogliono cadere nella «trappola del declino», e che hanno «ambizioni all’altezza dei compiti, e non si arrendono». Le imprese vogliono «partecipare alla costruzione di un progetto Paese», rispondere alla sfida internazionale «con la loro capacità di innovazione», migliorando il tasso di innovazione tecnologica. Ma soprattutto cercando di crescere in dimensione, perché «le imprese globali sono poche e manchiamo di grandi gruppi».

Queste le sfide, da affrontare «insieme a tutti coloro che hanno a cuore il futuro del Paese», in un patto fra cittadini «sapendo bene - conclude Montezemolo - quali sono le cose da fare».

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