Berlusconi, Monti, Passera, Montezemolo e persino Draghi. Fantapolitica o sogno di una notte di mezzo settembre, è caccia al candidato perfetto. Nella nebbia del panorama politico attuale è impossibile descrivere come andrà a finire. Troppe le variabili in campo al mutare delle quali si potrebbero aprire scenari del tutto differenti. Ma nel Palazzo, in ambienti pidiellini, non si esclude nulla. E si scrivono sceneggiature immaginifiche e comunque sorprendenti. Molto ruota attorno alla domanda: «Che farà Berlusconi?». Per ora melina. Aspetta di capire come si evolve la situazione con un occhio particolare a due eventi: le elezioni siciliane, termometro sullo stato di salute del suo Pdl; le primarie nel Pd, che daranno un volto all'avversario. Ecco perché il Cavaliere non ha nessuna fretta di bruciare i tempi e sciogliere la riserva sulla sua candidatura. Qualora fosse obbligato a incrociare le spade con Renzi, presumibilmente Berlusconi eviterebbe di scendere in campo per l'ennesima volta come candidato premier. Troppo elevato il gap anagrafico tra i due. Diverso se a vincere fosse Bersani, più incline a guidare una maggioranza di sinistra-sinistra, andando a braccetto con Vendola. In quel caso il Cavaliere vedrebbe le sue chanches crescere a dismisura, nella consapevolezza che la maggioranza del Paese è, e resta, sostanzialmente moderata. Ma il campo dei moderati è ancora troppo frastagliato e la sua figura, oggi, fa fatica a fare da collante al vasto arcipelago del centrodestra.
E poi c'è l'altra variabile: la legge elettorale. Con quale sistema si andrà a votare? Il dopo porcellum verrà deciso da una maggioranza targata Pdl-Udc-Lega oppure no? Verrà premiato il primo partito o la prima coalizione? Senza sapere le regole del gioco ha poco senso buttare sul tavolo le proprie carte. Per cui si aspetta e si vocifera di tutto. In molti nel Pdl, ma anche in ambienti montezemoliani, convinti che l'esito elettorale sarà un sostanziale pari, non sono ostili a un Monti bis. Sono quelli che vedono la continuità dell'agenda Monti con una brusca correzione sul fronte fiscale. Insomma, se l'autorevolezza del Prof in Europa fosse unita a una nuova stagione di taglio alle tasse, il centrodestra farebbe bingo.
Ma qui entra in gioco Monti con le sue ambizioni future. Il premier ha sempre nicchiato sul tema di una possibile permanenza a palazzo Chigi. E giusto ieri il sito ilretroscena.it raccontava che, durante una cena privata, Monti avrebbe escluso un altro mandato sia come premier sia come ministro. Tuttavia, volendo servire ancora il Paese, Monti potrebbe puntare al Colle. Luogo da dove si conducono i giochi con efficacia ed autorevolezza. Oppure, altra carica che lo ha sempre affascinato visto che considera Bruxelles come sua seconda casa, sarebbe fare il presidente della Commissione europea, dopo Josè Manuel Barroso, in scadenza nel 2015.
Consapevoli che ormai i giochi soltanto sulla carta si fanno esclusivamente all'interno dei confini nazionali, qualcuno ipotizza perfino un Draghi al Quirinale oppure a palazzo Chigi. Forse è solo un sogno, ma il sogno c'è. L'attuale presidente della Bce sarebbe un nome forte; garantirebbe i partners internazionali come nessun altro; ha ottimi rapporti con Ben Bernanke, presidente della Federal reserve Usa; è stato di recente individuato da Berlusconi come il vero jolly anticrisi (più di Monti); è, psicologicamente parlando, più umano del Professore.
A questa ipotesi c'è un «ma» grande come una casa: il presidente della Bce mollerebbe in largo anticipo la Banca centrale europea per guidare o arbitrare il Paese in condizioni difficilissime? I dubbi sono tanti anche se proprio la sua rimozione farebbe contenta la Germania, dove soffiano i venti dell'ira per la politica del SuperMario banchiere, dai teutonici considerata troppo «assistenziale» nei confronti dei Paesi spendaccioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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