Monti mette fretta ai partiti per evitare i richiami Ue: "Vendere gli asset pubblici"

Il Prof a Berlino: "Pronti a vendere gli asset pubblici". In vista la cessione di servizi e municipalizzate di Comuni e Regioni

Monti mette fretta ai partiti per evitare i richiami Ue: "Vendere gli asset pubblici"

Roma - Ufficialmente Palazzo Chigi non conferma né smentisce: «Non commentiamo le indiscrezioni», è la risposta alle voci di un possibile imminente richiamo all’Italia da parte della Commissione europea. In pratica Bruxelles, preoccupata per le dense nubi che si stanno addensando sul nostro Paese, si aspetta una bufera speculativa contro di noi la settimana prossima. Quindi, urge un richiamo a Monti. L’allarme conterrebbe anche una tirata d’orecchi al nostro governo, che appare particolarmente lento sulle riforme necessarie. La Ue dovrebbe chiedere al premier italiano: numeri certi e consistenti sui tagli alla spesa pubblica; ulteriori misure per semplificare il nostro sistema, incancrenito dalla burocrazia; il turbo alla riforma del lavoro, possibilmente aumentando la flessibilità in uscita. Leggasi norme sul licenziamenti e quindi articolo 18. Se dovessero essere confermate le indiscrezioni, per il Professore si tratterebbe di una sorta di smacco. Monti è figlio delle istituzioni europee e ha sempre goduto e gode della stima di tutti i vertici di Bruxelles. Ma se Barroso dovesse effettivamente firmare la nota-cartellino giallo, per il premier sarebbe una stilettata non da poco. D’altronde lo stesso Barroso, da Strasburgo, è piuttosto grave: «Dobbiamo riconoscere che abbiamo un problema sistemico - dice -. E non so se questa urgenza è pienamente compresa in tutte le capitali».
In effetti Monti, in mattinata, si presenta a Montecitorio per un’informativa sulla situazione dell’Eurozona e dell’Italia che stanno vivendo una «fase cruciale». Ma il suo discorso non strappa un solo applauso dalla sua vasta seppur «strana» maggioranza. Un discorso un po’ fiacco, deludente. Descrive i nostri punti di forza (debito privato basso, avanzo strutturale, stabilità del sistema bancario, disoccupazione minore degli altri); si loda per quanto fatto finora e poi ripete il mantra della crescita, dicendo che molto è stato fatto (liberalizzazioni, Ace e prossimo decreto sviluppo). Quindi assicura che «lo spread calerà» e dispensa ottimismo: «Siamo molto sereni e quando l’Europa ci consigliava di chiedere aiuto al Fmi o al fondo salva Stati abbiamo sempre detto che preferivamo fare da soli». Insomma, tutto bene?
No perché, alla fine del suo intervento, Monti di fatto lancia l’Sos ai partiti: «Dobbiamo intensificare la nostra azione, in particolare sui tempi; sulle decisioni, nelle aule o nelle commissioni parlamentari». In pratica: vi prego, aiutatemi. Dobbiamo fare in fretta altrimenti sono guai. Concetto espresso anche la sera precedente, durante il summit con l’Abc. E dai partiti l’aiuto arriva, a patto che il Professore cominci a sbattere i pugni sul tavolo di Bruxelles. A ridosso del consiglio Ue del 28-29 giugno la Camera voterà una mozione di sostegno al governo sulla politica europea, con il consenso più ampio possibile. Un documento molto forte. Il Pdl lo sta preparando; il Pd ha già depositato il proprio nel quale si dice che il solo rigore non basta, che serve un’unione politica, un euroministro del Tesoro, gli eurobonds, la golden rule, che Atene deve rimanere nell’euro, ma soprattutto che dal vertice Ue devono «uscire decisioni operative».
Insomma, Monti deve alzare la voce con Berlino. Ma il premier, volato proprio a Berlino per un incontro con il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble (da cui incassa gli elogi: «Monti è l’uomo giusto al posto giusto»), non vuole bruciare le tappe e ripete: «Dobbiamo lavorare alla disciplina di bilancio e alla crescita allo stesso tempo». Poi, Monti assicura che all’Italia «non occorrerà una seconda manovra quest’anno, ma l’azione di disciplina sui conti pubblici va continuata». E i soldi? Venderemo l’argenteria: «Non solo non escludiamo una cessione di quote del patrimonio pubblico, ma la stiamo preparando». Lungi, tuttavia, dal fasciarsi la testa prima del tempo: «Il sistema italiano non è fragile - ripete - Abbiamo un enorme debito pubblico ma anche banche solide e scarso debito privato».

E purtroppo «tendiamo a oscillare troppo tra euforia irresponsabile e depressione ingiustificata». Poi il premier torna sulla riforma del mercato del lavoro spiegando che «è troppo protetto per gli occupati e non protetto per i giovani».

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