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Monti non si fida più dei suoi e controlla le schede bianche

Monti non si fida più dei suoi e controlla le schede bianche

RomaUn tempo Mario Monti giurava che il suo lavoro sarebbe finito a inizio 2013 poi «sarebbe toccato alla politica». Raramente una promessa è stata cancellata in maniera così eclatante. Prima la candidatura a premier. Poi ieri il primo tentativo di tuffarsi nelle paludi della politica. Risoltosi con una clamorosa impantanatura nel fango dell'inesperienza e delle scelte pilatesche.
L'obiettivo del Professore, fin dalle prime fumate grigie, è quello di inserirsi nella partita degli incarichi puntando alla presidenza di Palazzo Madama (forse con l'idea di poterla poi sfruttare come ascensore verso il Quirinale). Lo schema prevede una alleanza con il Pd e un'uscita o una astensione tattica del Pdl (oppure secondo quanto twittato da Augusto Minzolini, l'alternativa sarebbe quella di pretendere l'appoggio del Pdl alla sua candidatura alla presidenza della Repubblica in cambio del voto a Renato Schifani). A quel punto, una volta approdato sulla poltrona più alta di Palazzo Madama, Monti avrebbe nominato un vicario a Palazzo Chigi per gli affari correnti e lasciato il suo ruolo di capo del governo. Il cambio di casacca in corso d'opera divide però i costituzionalisti, perplessi sulla sua praticabilità giuridica, e fa scattare il «niet» di Giorgio Napolitano. Con il risultato di lasciare il Professore con il cerino in mano e senza possibilità di inserimento nella corsa alle poltrone che contano.
Il tentativo di tessitura di una trama politica si sviluppa per tutto il corso della giornata. Dopo una conversazione telefonica avvenuta in mattinata, Monti cerca di contattare il leader del Pd Pier Luigi Bersani anche nel pomeriggio, senza riuscire a raggiungerlo perché in viaggio. Alla fine l'indicazione arriva dopo una riunione con i senatori di Scelta civica: scheda bianca. In sostanza una decisione che annulla le possibilità di vittoria di Renato Schifani, all'insegna della parola d'ordine «non dobbiamo essere la stampella di nessuno», e mette probabilmente una pietra sopra le prospettive di sopravvivenza della legislatura.
C'è poi il passaggio successivo: la necessità di verificare l'applicazione di questa indicazione. Controllare il gruppo non è però impresa facile. Così per il timore di sorprese da parte di qualche franco tiratore viene data una indicazione «di sicurezza»: passare velocemente dalla cabina per dimostrare di aver lasciato bianca la scheda elettorale. Uno stratagemma che fa scattare le rimostranze di Maurizio Gasparri. «Ho rappresentato al presidente Colombo questa decisione di coartare la condotta dei senatori», spiega l'esponente del Pd, «è una cosa molto spiacevole e grave che chi ha chiamato la sua formazione Scelta civica ed è presidente del Consiglio in carica abbia dato questa direttiva. Si trasforma il voto segreto in voto palese». Questa «può essere definita come una vera e propria violazione della segretezza del voto».
L'indecifrabile partita del Professore - che su Twitter gli vale il nomignolo-hashtag di mariononneazzeccaunamonti - apre ora un ulteriore fronte: quello della possibile Opa che potrebbe lanciare il Pd su alcuni senatori di Scelta Civica, cercando di avvicinarli alle proprie posizioni o addirittura al proprio gruppo parlamentare. Per il momento critiche dirette a Monti arrivano da Giuliano Cazzola, ex deputato e candidato di Scelta civica non eletto. «Monti avrebbe potuto evitare una brutta figura.
Quando si sale in politica non si può pensare soltanto a se stessi e alla propria carriera. Si deve mettere in conto anche la possibilità di perdere e di dover aspettare pazientemente un'altra occasione.

Monti ha fondato un movimento. Non sarebbe stato corretto, sul piano politico prima ancora che giuridico, lasciare Scelta civica in mezzo al guado o delegare il ruolo di premier a un altro ministro, in un momento delicato come l'attuale».

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