Roma«Questo governo non vede l'ora di essere sollevato dall'incarico che nel novembre 2011 non ha sollecitato». Finale amaro per il premier uscente Mario Monti. Sulla graticola per l'economia, lontano dagli obiettivi politici che si era dato, ieri ha dovuto affrontare in Parlamento il caso dei marò. E lo ha fatto attaccando duramente l'ex ministro degli Esteri che, un giorno prima di lui, sempre parlando alla Camera dei deputati, si è dimesso dall'incarico perché in disaccordo con la decisione di rimandare i due militari in India. Una mossa dietro la quale il presidente del consiglio vede ambizioni politiche.
Il premier si è detto «stupefatto» per il comportamento di Giulio Terzi. Per «ciò che il ministro ha fatto e per ciò che non ha fatto. Ciò che ha fatto è stato presentare le dimissioni qui, senza un'informazione preventiva, ma soprattutto ciò che non ha fatto. Negli organi collegiali possono esistere all'inizio divergenze, è natura della collegialità pervenire a decisioni condivise».
Terzi secondo Monti non avrebbe mai fatto sentire il suo «no» nelle sedi opportune. «Sappiamo anche tutti - ha spiegato - che può essere utilizzato lo strumento delle dimissioni per indurre gli altri partecipanti o anche il Presidente del Consiglio a cambiare orientamento. Niente di tutto questo è avvenuto, né alla riunione del Cisr né alla riunione di ieri (martedì, ndr) mattina a Palazzo Chigi. Abbiamo messo a punto il testo che i due ministri avrebbero presentato qui ieri pomeriggio e niente mi è stato detto dal ministro degli Esteri sul suo dissenso e men che meno l'intenzione di dimettersi».
Quindi l'affondo: «Sulla base di questi fatti ho motivo di ritenere che l'obiettivo non fosse modificare una decisione ma forse quello più esterno di conseguire altri risultati che magari nei prossimi tempi diverranno più evidenti». Parole che lasciano intendere chiaramente l'intenzione di Terzi di darsi alla politica usando il caso dei marò come trampolino.
Sbagliato, secondo Monti, anche il comunicato, uscito dal dicastero guidato da Terzi, con il quale si comunicò che i due militari non sarebbero tornati. Erano «decisioni in itinere che non avrebbero dovuto essere oggetto di precipitose dichiarazioni alla stampa, che Terzi ha fatto, anticipando il risultato finale che non si poteva dare per scontato».
Pronta la replica dell'ex ministro degli Esteri, su entrambi i fronti aperti dal premier. «Le dichiarazioni rese oggi dal presidente Monti all'aula della Camera - dice Terzi - confermano che la decisione di trattenere i marò in Italia è stata presa collegialmente. Tale decisione è stata da me resa pubblica solo dopo l'approvazione, da parte della Presidenza del Consiglio e dei Ministri interessati, di un comunicato stampa e della sua relativa diramazione».
Per quanto riguarda le dimissioni, il fatto di averle annunciate pubblicamente è un «atto che ritengo legittimo in democrazia». E comunque non è una decisione presa «per seguire finalità personali», ma perché «trattandosi di una vicenda che mi ha coinvolto, ho ritenuto proprio in quel momento, per rispetto della verità che stavo per riferire in Parlamento, che si rendesse per me impossibile proseguire nel mio impegno di Governo».
Nel merito della vicenda, Monti nega che ci siano state trattative o scambi, assicura che sono avviate procedure per una soluzione veloce. E spiega il perché dell'inversione a U.
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