Multe miliardarie per la follia delle toghe

Dalla citazione di Napolitano al Ruby 3 ventilato per il Cav: è partita l'ultima offensiva. Ma senza modifiche del sistema l'Ue ci punirà. E ci farà pagare multe miliardarie

Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario al palazzo della Cassazione
Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario al palazzo della Cassazione

È la nuova offensiva del partito dei giudici. Nel mirino c'è sempre lui, il Cavaliere, ma ora una parte della magistratura entra direttamente a gamba tesa sul presidente della Repubblica. La convocazione come teste di Giorgio Napolitano è un fatto senza precedenti che indebolisce le istituzioni, complica le già complicate larghe intese, mette in difficoltà lo stesso governo. Nei palazzi della politica si allineano i fatti: la riforma della giustizia, attesa da almeno vent'anni, è ormai una priorità condivisa e non è più solo un pio desiderio del centrodestra. Dunque, le frange più oltranziste ed esposte della corporazione togata temono di perdere una parte del proprio potere e reagiscono andando all'attacco: in poche ore ecco Palermo bussare al Quirinale, ritagliando un Napolitano privato cittadino che può essere interrogato sia pure con limiti e paletti, e Milano prepararsi al nuovo procedimento Ruby3, in cui Berlusconi rischia addirittura l'incriminazione per corruzione in atti giudiziari. Il tutto mentre la cronaca offre spunti sempre più desolanti sul malfunzionamento del sistema: dopo un anno agli arresti l'ex manager di Fastweb Silvio Scaglia viene assolto per non aver commesso il fatto.
E così si torna al punto di partenza: ci vuole un cambiamento. È troppo alto il prezzo che i cittadini pagano sulla loro pelle, fra errori e lungaggini. Certo, mettere mano al settore è impresa disperata e tutti i tentativi dal '92 in poi sono miseramente naufragati. Ma il clima nel Paese è cambiato. La vicenda Scaglia interpella la coscienza nazionale: c'è o non c'è un abuso della custodia cautelare? C'è bisogno di uno scossone e lo stesso Napolitano ha lanciato messaggi eloquenti: i suoi saggi hanno suggerito una limitazione delle intercettazioni e una nuova architettura di quello snodo strategico che è la Sezione disciplinare del Csm, insomma il tribunale dei giudici, in cui la componente togata dovrebbe avere meno spazio di oggi. Non solo: Napolitano ha parlato più volte, l'ultima con un messaggio alle Camere, della condizione spaventosa delle carceri che ha molte cause, ma certo pesca anche nell'abuso della custodia cautelare e ha evocato l'amnistia. Misura che tanti giudici disprezzano.
Il partito della conservazione, quello che si oppone ad ogni cambiamento, anche minimo, quello che intravede attentati alla libertà e all'autonomia della magistratura dietro ogni minimo tentativo di maquillage, è in difficoltà. Sulla scena c'è il centrodestra, con le sue proposte ripetute come un mantra da vent'anni. C'è il presidente Napolitano, irritato per la piega dei processi palermitani e preoccupato per il degrado del sistema penitenziario. E ci sono anche i radicali con i loro referendum che potrebbero dare una spallata ad una situazione altrimenti immodificabile. Ma attenzione: dietro l'angolo c'è anche l'Europa. L'Italia ha tempo fino a maggio 2014 per dare risposta ai 2400 detenuti che hanno fatto ricorso per le condizioni incivili in cui scontano la pena. Una mancata risposta dell'Italia vuol dire di qui alla prossima primavera l'avvio di una procedura di infrazione da parte della Ue. E questo procedimento non può essere preso sottogamba dal nostro Paese, se non altro perché potrebbe concludersi con una maximulta miliardaria.

Fra l'altro si tratterebbe dell'ennesima procedura sulla giustizia dopo quelle avviate nelle scorse settimane: sulla responsabilità civile dei giudici, sul mancato interpello della Corte Ue da parte della nostra Cassazione, sulla esasperante lentezza dei processi civili. In conclusione laddove hanno fallito in po' tutti, potrebbe essere l'Europa a costringerci, finalmente, a cambiare. Presentandoci pure un conto astronomico. Il prezzo di un ritardo inaccettabile.

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