C’era praticamente l’intero consiglio dei ministri questa mattina al teatro Strehler di Milano per il Forum della cooperazione internazionale organizzato dal ministro Andrea Riccardi: oltre al premier Mario Monti, Giulio Terzi di Sant’Agata, Anna Maria Cancellieri, Piero Giarda, Renato Balduzzi e Francesco Profumo. Sul palco della prima sessione presentata dal direttore generale per la Cooperazione e lo sviluppo Elisabetta Belloni, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, il presidente del Burkina Faso Blaise Compaoré e il commissario europeo per lo Sviluppo Andris Piebalgs. Quasi 2mila le persone accreditate già prima dell’inizio di questa due giorni, a testimonianza dell’attenzione a un tema di grande interesse nonostante i relatori abbiano denunciato un calo degli investimenti governativi dell’80 per cento rispetto al 2007.
Apertura con il videomessaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che saluta dicendo che la cooperazione “è politica estera nel senso più nobile della parola”. L’Italia, ha proseguito Monti dal palco, ha dei “vantaggi naturali nell’esercitare un soft power che passa per la persuasione e nell’ispirare fiducia e simpatia” all’estero. Perché “gli italiani riescono a creare capitale sociale e di relazione nel mondo”, ha precisato, rammaricato però che questo non accada allo stesso modo in Italia dove le contrapposizioni rimangono esasperate. Nel mondo, invece, lo sviluppo dei Paesi contribuisce alla sicurezza “attraverso il sostegno ai processi di rafforzamento istituzionale e sociale delle ex aree di crisi”, riferendosi ai Balcani e “ai Paesi che sperimentano crescenti aspettative in termini di giustizia e opportunità quali quelli della sponda sud del Mediterraneo, nei teatri di crisi dall’Afghanistan all’Iraq, dove l’azione civile del nostro Paese si accompagna a quella militare” E poi “per rispondere alle emergenze umanitarie, da ultimo in Siria, in chiave di prevenzione e risposta a calamità su scala regionale, dal Corno d’Africa al Sahel, ma anche in un’ottica più ampia, con il miglioramento del quadro, economico e sociale dei Paesi in via di sviluppo, garantendo dapprima che i bisogni primari siano soddisfatti (salute, istruzione, alimentazione) e successivamente che le società si sviluppino in maniera sostenibile (con conseguenze anche di mitigazione dei fenomeni migratori)”. Perché il vero tema della giornata è la necessità di intendere la cooperazione non più come un rapporto da superare tra chi dona e chi riceve, perché ormai, assicura Monti “si può parlare di partenariato, di un’osmosi” con benefici per entrambi i Paesi.
Con il ministro Riccardi che assicura che “cooperare è essenziale in un mondo globalizzato”, perché “un Paese che non coopera è un Paese che declina”. E per dimostrarlo cita uno studio dell’Ispi secondo cui fra il 1994 e il 2011 “ogni euro investito in cooperazione è rientrato”. Per il ministro Terzi ora bisogna “affrontare con decisione il nodo delle risorse finanziarie se vogliamo preservare il nostro giusto peso negli equilibri internazionali e continuare a parlare con autorevolezza a livello globale”. Purtroppo, ha aggiunto, negli ultimi anni abbiamo assistito a una drastica riduzione dei fondi assegnati alla Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo, pari all’inizio di quest’anno a circa 200 milioni di euro, con tagli superiori all’80 per cento rispetto al 2007. Nonostante il lieve aumento dell’anno scorso, il dato complessivo del nostro aiuto pubblico allo sviluppo resta lontano dagli impegni assunti a livello internazionale, attestandosi nel 2011 allo 0,19 per cento del Pil, il Prodotto interno lordo». Importante, per questo, la testimonianza di Scaroni che racconta come “alla radice del successo di Eni in Africa, dove siamo di gran lunga il principale produttore di idrocarburi, c’è la cooperazione allo sviluppo”, oltre a “un atteggiamento non invasivo”.
Commovente in chiusura l’intervento di Rossella Urru, la cooperante sarda rimasta nelle mani dei rapitori in Algeria dall’ottobre del 2011 al luglio del 2012, che ha chiesto di non dimenticare i cooperanti ancora prigionieri. E ha parlato ella cooperazione come “un modo per dire basta alla logica bipolare che ci vede divisi in blocchi che nascondono le persone. La cooperazione è un modo di vivere” e soprattutto “la cooperazione non va lasciata sola davanti alle emergenze che sono universali”.
Anche per questo il sindaco Pispia ha chiesto per Milano, “capitale economica”, la possibilità di diventare anche “la capitale della cooperazione” ospitando la “sede di un’agenzia con il compito di coordinare e innovare” le attività nei Paesi in via di sviluppo.