Napolitano ordina gli appunti e pensa a un esecutivo di scopo

Il capo dello Stato oggi scioglie la riserva. Un eventuale fallimento di Bersani spalancherebbe le porte a una figura istituzionale, da Grasso a Ignazio Visco

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Stallo. C'è la frenata di Bersani: «Un piano B? Io non ho nemmeno il piano A, mi affido alla saggezza del capo dello Stato. Non è un problema personale, siamo aperti a tutti ma la destra ha impedito il cambiamento». C'è il via libera di Berlusconi: «La nostra disponibilità è totale». E c'è Grasso già bello caldo: «L'incarico? Se posso fare qualcosa per il mio Paese, sono pronto a tutto». Adesso tocca a Giorgio Napolitano inventarsi qualcosa.

Il presidente si prende ventiquatt'ore. «Devo riguardare gli appunti e riordinare le idee per vedere quali decisioni prendere. Decisioni che domani presenterò e motiverò. Intanto andiamo tutti a riposare». Eppure, a grandi linee, il piano per dare un governo al Paese è già pronto. Dopo le consultazioni il no di Grillo è agli atti, dunque il segretario del Pd non ha la maggioranza, però ancora non si è arreso. Ma Napolitano non se la sente di dargli strada e passa la giornata a spiegare a tutti che «chi riceverà l'incarico dovrà dimostrare di avere i numeri». Ma nemmeno di mandare il Paese alle urne, che quasi nessuno vuole. Ecco allora Pietro Grasso, che appare già compreso nella parte. «Sono ottimista di natura. Si potrebbe sperare in un governo tecnico-politico con personaggi di statura e specchiata moralità e capaci di portare a compimento un progetto definito».

Il presidente del Senato potrebbe ottenere un mandato esplorativo per un esecutivo di scopo. «Mi sono addormentato Pietro e mi sono svegliato metodo», racconta. Una procedura, leggermente riveduta e corretta, che Napolitano vorrebbe applicare anche per la formazione del governo. È il «sistema della griglia», che punta a costruire intese attorno a singoli temi. Vista la perdurante ostilità del Pd alle larghe intese, il capo dello Stato vuole infatti ribaltare l'approccio tradizionale, partendo stavolta non dalle alleanze ma dalle cose da fare e da un programma circoscritto e condiviso. Non un «patto tra le segreterie», bensì un senso di responsabilità per il bene del Paese. C'è il Def, il Documento di programmazione finanziaria, da approvare entro giugno, ci sono i conti da mantenere in ordine, c'è una legge elettorale da cambiare, ci sono provvedimenti per il lavoro e le imprese da prendere.

Per tutti questi motivi un governo serve, e subito. E così oltre a Grasso, ecco che nelle ultime ore sono spuntati pure altri possibili nomi. Valerio Onida o Alberto Capotosti, se si vuole restare nel campo dei garanti istituzionali, Ignazio Visco o Fabrizio Saccommani, se invece si cerca un nuovo Monti che per tenere d'occhio la situazione economica. Qualcuno pensa anche a Fabrizio Barca, ministro della Coesione territoriale, un tecnico di sinistra ben visto a destra e in ottimi rapporti con il Colle.

La notte porta consiglio ma stavolta può portare anche un ribaltone.

Cioè, il capo dello Stato, per liberarsi definitivamente di Bersani, potrebbe decidere di dare comunque l'incarico al leader del Pd, chiedendogli però di tornare al Quirinale entro un paio di giorni per sciogliere la riserva, a quel punto, niente numeri, niente governo, niente più alibi per quella parte del Nazareno che non aspetta altro che far fuori il segretario. Un modo anche per salvare la faccia a Bersani, che dopo tanto pressing sul presidente, forse non può arrendersi senza combattere. Dopo, via libera a Grasso o chi per lui.

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