Napolitano «silenziato» Show anti euro della Lega

Napolitano «silenziato» Show anti euro della Lega

RomaE ora basta con il rigore. «La politica dell'austerità ad ogni costo non regge più, la crisi morde da sette anni, le condizioni di vita peggiorano. Serve una svolta». Stavolta il discorso di Re Giorgio a Strasburgo dovrebbe piacergli, con quell'attacco all'Europa dal braccio corto e a Letta che vuole tassare pure i telefonini. Eppure eccolo il segretario Matteo Salvini, balzato in piedi con gli altri eurodeputati leghisti a gridare e agitare cartelli - «basta euro, euro kills, non è il mio presidente» - prima di essere sommersi dai fischi. Pochi secondi, quanto basta per interrompere Napolitano e costringere Martin Schulz ad intervenire.
Niente botte, né spinte. Non è come la settimana scorsa alla Camera con i grillini. Alla fine Napolitano sembra sereno. «Proteste modeste e marginali». Salvini s'infuria ancora di più. «Al suo posto starei più attento a dire questo. Provi a farsi un giro, senza scorta, fra giovani disoccupati, cassaintegrati, imprenditori e artigiani rovinati, per dir loro che l'euro è bello e non si tocca. È senza vergogna, chi ancora difende questa moneta che ha massacrato lavoro, stipendi e pensioni è in malafede. Il voto di maggio spazzerà via le euro follie». E adesso per lui, per Mario Borghezio e per Mara Bizzotto potrebbe scattare una sanzione.
Napolitano ovviamente di un'uscita dall'euro non vuole nemmeno sentire parlare. «È pubblicità ingannevole, una posizione velleitaria e anacronistica. Non possiamo tornare indietro». Però concorda sul grande malessere europeo. «La principale fonte del disincanto, della sfiducia o del rifiuto verso il disegno europeo e le istituzioni dell'Unione risiede nel peggioramento delle condizioni di vita e dello status sociale che ha investito larghi strati della popolazione». L'Eurozona, dice il capo dello Stato, si è impoverita. «Il dato emblematico, riassuntivo di tutti gli effetti negativi e traumatici della crisi, è l'impennata drammatica della disoccupazione giovanile».
Tra qualche mese si vota e qualcuno ci rimetterà le penne. «Le prossime elezioni europee vanno considerate come un momento di verità da affrontare fino in fondo, mai come oggi è stata rimessa in questione la prosecuzione del cammino in Europa», dice Giorgio Napolitano, che invita a un ripensamento generale. «Il rilancio della crescita è diventato indispensabile. La politica dell'austerità ad ogni costo non regge più». Per anni, spiega, «ha costituito la risposta prevalente alla crisi del debito sovrano nell'area dell'euro e ha privilegiato drastiche misure per il contenimento del rapporto deficit-pil, per il riequilibrio, a tappe forzate, della finanza pubblica».
Ora però di troppo rigore si muore soffocati. «Bisogna interrompere il circolo vizioso politiche restrittive-arretramento delle economie, al bivio tra ripresa e stagnazione». Come faranno Letta e Saccomanni a difendere ancora il vincolo-totem del tre per cento?
Il presidente parla a Strasburgo e sembra rivolgersi al governo, come ipotizza Mariastella Gelmini: «Il torchio fiscale di questo governo, su cui perfino Attilio Befera comincia a nutrire riserve e il mancato taglio della spesa pubblica hanno dissolto ogni residuo slancio di ripresa e dissipato quel po' di ricchezza ancora disponibile per famiglie e imprese. Devo ritenere che le parole del presidente Napolitano avessero destinatari multipli, non solo in Europa ma anche a Palazzo Chigi».
Infatti, secondo il capo dello Stato non bastano gli ultimi numeri con il segno più per dire che siamo fuori dal tunnel, «I miglioramenti sono indiscutibili, ma i guasti della crisi sono profondi e non si risolvono in pochi mesi, soprattutto per quanto riguarda il lavoro».

Applaudono i renziani. «Dopo le parole chiare del presidente all'europarlamento contro le politiche restrittive che stanno affossando l'economia italiana, il governo pretenda e ottenga ora uno stop chiaro all'austerity».

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