Nel Pd orfano del Professore cresce il fronte anti Merkel

Contro la Germania che tifa per il ticket Monti-Cav i democrat rispolverano pure la rivalità calcistica. E il Tg3 si riposiziona: ora SuperMario è causa di tutti i mali

Il segretario del Pd Pierluigi Bersani nella sede del partito
Il segretario del Pd Pierluigi Bersani nella sede del partito

Due settimane fa, trion­fante per le primarie in saccoccia, si sentiva già premier in pectore . Ora invece il segretario del Pd Pier Luigi Ber­sani pare quel tale che ha com­prato il biglietto vincente della lotteria ma non ricorda dove l’ha messo. Magari poi lo ritro­va, ma intanto è panico. Il rimescolamento delle car­te ha origine dalla «sfiducietta» di Silvio Berlusconi a Mario Monti, dalle susseguenti dimis­sioni annunciate dal premier tecnico, dal pressing che lo stes­so Berlusconi, tutto il polo mo­derato, l’intero Ppe e in definiti­va mezza Europa sta operando sul Professore perché si metta al volante del suo schieramen­to naturale, quel centrodestra nell’unico modulo (Monti+Berlusconi) che sem­bra competitivo nei confronti di un centrosinistra che oggi danno oltre il 35 per cento. Ora, questo proprio non ci vo­leva in casa dem . Una Merkel che tifa un Monti per di più alle­ato con il nemico amatissimo Berlusconi è un colpo basso, vi­sto dall’ex Bottegone. E parto­no gli smarcamenti, gli ammo­nimenti, le minacce in stile qua­si mafioso. Come quella che ar­riva dalla homepage del sito del Pd, che pubblica una serie di fo­tografie delle vittorie calcisti­che degli Azzurri contro i rivali storici tedeschi con il titolo: «Sa­rà ancora Italia-Germania?». Un modo spiccio per dire a Ber­lino: fatevi i fatti vostri, altri­menti le buscate come accade regolarmente su un campo di calcio. Contro l’ Anschluss teu­tonico anche Tardelli e Balotel­li vanno bene. Nota a margine: quando era Berlusconi a invita­re la Merkel e­i suoi connaziona­li a occuparsi dei casi loro, la co­sa suscitava a sinistra ilarità e in­dignazione. La Merkel, eviden­temente, non è uguale per tutti. Il Pd corre ai ripari per non ve­dere ridotta a carta straccia l’Opa lanciata da Bersani sul­l’agenda Monti e non bruciare in un colpo l’operazione-zerbi­no condotta per oltre un anno dai democratici nei confronti del Professore. E iniziano gli at­tacchi striscianti al Professore. Per il Tg3 da ieri è finita un’era: dopo mesi di teleincensamen­ti, Monti è entrato ufficialmen­te nella black list come origine di tutti i mali. Massimo D’Ale­ma, da parte sua,si pappa un’in­tera pagina del Corriere della Se­ra per spiegare al colto e all’in­clita i seguenti concetti: 1) che Monti «sta logorando la sua im­magine ». La preservi evitando di candidarsi; 2) che, per carità, il Pd è «nelle condizioni di vin­cere comunque» solo che «sa­rebbe illogico e in qualche mo­do moralmente discutibile che il Professore scenda in campo contro la principale forza che lo ha voluto e sostenuto nell’ope­ra di risanamento». E mentre Pietro Ichino, senatore del Pd, propone alle forze che hanno sostenuto Monti di sottoscrive­re un memorandum che le im­pegna a rispettare i «punti es­senziali della strategia europea dell’Italia»,con ciò disinfettan­do il Professore da ogni profu­mo partitico, altri esponenti dem mandano segnali di fumo scuro a Monti. «Il tecnico Mon­ti sale in Europa e si schiera con la casa dei conservatori: il Parti­to popolare europeo. Una de­stra seria ed europeista che non tollera Berlusconi e anzi lo sfi­ducia (...). Farebbe meglio e sa­rebbe anche più elegante se re­stasse super partes», scrive il presidente della Toscana Enri­co Rossi su Facebook . Ancora più dura Manuela Palermi, del­la segreteria nazionale Pdci, partito alleato del Pd: «Il pro­nunciamento del Ppe ha svela­to quanto diciamo da tempo: Monti ha pedissequamente ob­bedito agli ordini della troika impoverendo l’Italia e renden­dola succube della Germania».


Il Pd è stretto tra la rabbia di vedersi scippare il montismo e la necessità di tenere a bada Ni­chi Vendola che, ora che le di­stanze tra polo progressista e polo moderato si accorciano, diventa strategico con il suo te­soretto del 6 per cento stimato. Il governatore della Puglia assi­ste basit­o Bersani dire che l’arti­colo 18 va bene così. Come face­va quella canzone? Ah, sì: «In­sieme a te non ci sto più...».

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