Milano - Presidente Roberto Formigoni, lei è di quelli che vuole spaccare il partito?
«Qui nessuno sta pensando a una scissione del Pdl».
Siete le colombe, i neo democristiani che vogliono riesumare la Balena bianca.
«Colombe è un termine assolutamente improprio».
Innovatori, lealisti, pontieri, falchi, colombe. Non è un bestiario troppo ricco per un solo partito?
«Io parlo per quel gruppo di senatori Pdl che aveva dichiarato di voler votare la fiducia al governo Letta il 2 ottobre e che ora ha inviato una lettera al presidente del Senato Grasso per ripristinare il voto segreto sulla decadenza di Berlusconi».
Quella voglia di fiducia fu l'inizio della spaccatura. Anche con Berlusconi?
«Stiamo semplicemente discutendo a viso aperto e all'interno del partito. In una situazione difficilissima».
Vi hanno dato dei traditori.
«Non condivido certi toni sovreccitati di alcuni miei colleghi. Nessuno di noi ha la vocazione del traditore».
La vostra strada non diverge da quella di Berlusconi?
«Assolutamente no. Berlusconi continuerà a essere e dovrà essere riconosciuto da tutti come il leader indiscusso del centrodestra. Qualunque sia il suo destino parlamentare».
Il rischio decadenza è forte.
«Anche con la decadenza rimarrà sempre il nostro leader».
Nell'ufficio di presidenza che avete disertato, sono state azzerate le cariche del Pdl per il ritorno a Forza Italia.
«Non abbiamo nessuna obiezione al ritorno a Forza Italia».
Sono settimane che litigate. Ci sarà pure qualche differenza tra falchi e colombe.
«Io penso che la vera differenza sia sul governo».
Voi difendete Letta, Berlusconi non è così sicuro.
«Noi dobbiamo chiedere in tutte le sedi l'agibilità politica di Berlusconi. La battaglia non è persa e va fatta dovunque, in televisione e in Parlamento».
Cosa chiedete?
«Di ripristinare il voto segreto. Sperando in un sussulto del Parlamento, perché non si espelle il leader di metà Paese».
Dicono che non è il Parlamento a espellere Berlusconi, ma la Legge Severino.
«Una legge su cui ci sono molti dubbi di costituzionalità».
Una possibilità è far cadere il governo.
«La nostra partecipazione al governo non deve essere messa in discussione».
Ma salvando il governo non si rischia di affondare Berlusconi?
«No. Una crisi di governo oggi sarebbe negativa per il Paese. E per gli elettori».
Perché?
«Ripartirebbe la speculazione finanziaria contro l'Italia, aumenterebbe lo spread e perderemmo quel poco di ripresa economica che oggi si vede».
Questo strapotere della finanza non toglie dignità alla democrazia?
«Quando abbiamo minacciato la crisi del 2 ottobre, nei sondaggi il Pdl è sceso di 8 punti. Categorie economiche che rappresentiamo come i produttori, l'industria, il commercio, l'artigianato, i sindacati democratici non capirebbero».
Ci vuole coraggio.
«Lo ha detto Berlusconi che non dobbiamo cadere nella tentazione del fallo di reazione».
Ma Berlusconi non è uno che gioca in difesa. È quello del Milan di Sacchi che attaccava anche in trasferta.
«Il presidente Giorgio Napolitano farebbe subito un altro governo, se non altro per approvare la legge elettorale».
E quindi?
«Ci sarebbe un governo senza di noi e dunque contro di noi. Che farebbe una legge elettorale contro di noi e che prenderebbe decisioni a partire dalla Legge di stabilità contro l'elettorato che rappresentiamo: il ceto medio e produttivo».
Di questo vorrebbe convincere Berlusconi?
«Berlusconi si troverebbe fuori dal Parlamento. Ma, quel che è peggio, isolato nel contesto politico e sociale».
Dicendo questo è chiaro che rischiate la scissione.
«Noi stiamo facendo un dibattito alla luce del sole. Vogliamo la soluzione migliore per Berlusconi e per il nostro partito. Che deve restare unito».
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