Che cosa rischierebbe oggi un ipotetico acquirente di casa che si comportasse come il ministro Grilli? Sicuramente un accertamento dall'Agenzia delle Entrate, vista la differenza tra il valore della casa acquistata e quello del mutuo richiesto: ai già occhiuti finanzieri basta anche meno per sospettare che il prezzo di vendita indicato nel rogito sia inferiore a quello reale, e che la differenza sia stata pagata in nero. Considerato che un mutuo non supera mai l'80% del valore effettivo dell'immobile, l'Agenzia potrebbe infatti dedurre che in realtà l'importo richiesto non è che l'80% del valore vero della casa: cosa che del resto si può facilmente controllare recuperando dalla banca la perizia contenuta nel fascicolo del mutuo. E peggio ancora se dall'estratto conto dell'acquirente dovessero risultare anche prelievi in contanti fatti dal compratore immediatamente prima o dopo il rogito.
Con il giro di vite impresso proprio dal governo Monti ai controlli fiscali, infatti, i movimenti bancari non hanno più segreti per l'erario: saldi, addebiti e accrediti sono un libro aperto per il Grande Fratello fiscale. Sui pagamenti in contanti, poi, sempre in odore di evasione o addirittura di riciclaggio per chi ci governa, è puntato un riflettore perenne, con tanto di sanzioni per chi supera la soglia ammessa di mille euro: e una serie di prelievi ravvicinati e cospicui è un campanello d'allarme immediato per le Fiamme Gialle. E ovviamente, se viene provato che l'appartamento è stato pagato in nero, anche se in parte, le conseguenze sono pesanti. Non solo il Fisco richiede immediatamente l'imposta di registro calcolata sul prezzo realmente pagato, ma anche una sanzione che va dal 50 al 100% della differenza tra l'imposta dovuta e quella già versata, più gli interessi.
Tanto più che il vecchio «trucchetto», praticato da generazioni di acquirenti di case, consistente nel dichiarare nel rogito un prezzo inferiore a quello reale, purché appena superiore al valore catastale, oggi non funzionerebbe più. Anzi, non avrebbe neppure ragione di essere. Dal 2006, infatti, l'imposta di registro ha voltato pagina: la base su cui si calcola, in caso di compravendite di abitazioni tra privati, non fa più riferimento al prezzo pagato o comunque al valore reale dell'immobile, ma al suo valore catastale. È sufficiente indicare il prezzo vero nel rogito, avvertire il notaio che si intende approfittare di questa possibilità, e si è a posto con la legge. Nel 2004, invece, le cose erano un po' diverse. Esisteva infatti il cosiddetto sistema di «valutazione automatica» dei beni immobili: per fare un esempio, se si comprava una casa di valore catastale 90 e si dichiarava un prezzo di 100 (quindi appena superiore alla rendita catastale rivalutata), a quel punto il Fisco non poteva fare ulteriori accertamenti sul valore dell'immobile. A meno che il valore superiore non risultasse da altri documenti.
Tutto legale, quindi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.