La nuova Lega crolla nei sondaggi Maroni già nel mirino dei frondisti

I lumbard perdono il 3,2 per cento in due mesi: ora sono bloccati a quota 6,5. Nel partito monta l’opposizione dei cerchisti e spuntano vecchi fascicoli su Bobo

La nuova Lega crolla nei sondaggi  Maroni già nel mirino dei frondisti

Parte in salita il nuovo corso della Lega di Maroni. I sondaggi degli ultimi giorni segnano un pesante arretramento. Datamonitor per Milano Finanza evidenzia una fiducia al 52 per cento per il governo Monti che grossomodo corrisponde alla somma dei voti di Pdl (24,2), Pd (24,9) e Udc (6,8) mentre il Carroccio precipita dal 9,7 registrato a marzo al 6,5 per cento (meno 3,2), a vantaggio di Beppe Grillo. Mercoledì una rilevazione della Swg per il programma Agorà confermava il testa a testa fra Pdl e Pd con la Lega Nord in arretramento al 7,1 per cento.

Tendenza confermata dai dati di tre istituti (Euromedia Research, Ipr Marketing e Ispo) presentati giovedì a Porta a porta, secondo i quali le camicie verdi viaggiano tra il 6,6 e il 7 per cento. Proprio alla trasmissione di Bruno Vespa, Roberto Maroni aveva fornito prospettive opposte: «Ho visto proiezioni e sondaggi. Se si percepisce che la Lega sta mettendo mano al cambiamento ci danno al 15 per cento ma io non credo ai sondaggi».

Non è l’unica cattiva notizia per il candidato numero uno alla successione di Umberto Bossi. Dopo lo sbandamento provocato dalla raffica di dimissioni ed espulsioni dal partito, i fedelissimi del Senatùr si stanno riorganizzando. La Lega non è una fede soltanto per chi si è armato di ramazze padane. Basta leggere quello che scrivono gli amici di Marco Reguzzoni, ex capogruppo a Montecitorio, sulla sua bacheca Facebook. È un infierire sulla «Lega Marona», un turbinare di complotti, diktat e pulizia etnica, con attacchi diretti all’ex ministro dell’Interno e ai suoi «barbari sognanti». Qualcuno, per esempio, citando Panorama, si domanda perché tanto clamore sui 60mila euro che avrebbe preso Rosi Mauro per il Sin.Pa. mentre il silenzio assoluto ha coperto «gli 850mila euro che, stando alle intercettazioni telefoniche, Davide Caparini avrebbe chiesto per salvare i conti in rosso di Telepadania». Caparini è un Maroni-boy.

Dal giorno delle dimissioni del Senatùr, l’assessore regionale lombardo Monica Rizzi (la tutor di Renzo Bossi in politica) ripete che «con Maroni leader, la Lega dura al massimo sei mesi». Tutto il vecchio «cerchio magico» sta affilando le armi. Primo obiettivo è Davide Boni, presidente del consiglio regionale lombardo, indagato per corruzione al quale nessuno ha chiesto un passo indietro: anzi, quando egli ha offerto le dimissioni, lo stato maggiore leghista le ha respinte, forse perché maroniano.
Tornano a galla vecchi fascicoli, uno dei quali (rivelato un anno e mezzo fa dall’Espresso) riguarderebbe direttamente Roberto Maroni e la sua assistente al Viminale, Isabella Votino, alla quale Bobo non ha mai rimproverato le origini meridionali a differenza di quanto ha fatto con Rosi Mauro. L’indagine aperta nel 2009 a Milano partì dalle dichiarazioni di un manager che avrebbe versato 60mila euro all’avvocato Maroni e 14mila alla sua portavoce per «consulenze orali»: gli inquirenti non gli hanno creduto e hanno ipotizzato un illecito finanziamento al partito.

E poi certe scelte di Finmeccanica presieduta da un fedelissimo dell’ex ministro, il manager varesino Giuseppe Orsi, come l’acquisizione di Aermacchi da parte di Alenia con il viatico di Maroni che invitava a «battersi in difesa dell’eccellenza leghista». In Aermacchi, per inciso, lavora la signora Emilia Macchi in Maroni.

Oppure il caos che accompagnò l’ondata migratoria dalla Libia quando migliaia di nordafricani fuggirono dalla guerra civile. «Maroni è un nome che divide», ripetono in queste ore molti «cerchisti» a Umberto Bossi. Che sarebbe sempre più infuriato con il triumviro maggiormente in vista: «Sta esagerando. Si sente già segretario».

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