Nuovo scontro tra giudici, Cassazione e Consulta litigano sul segreto di Stato

Dopo il conflitto nella procura milanese, la Cassazione attacca la Corte Costituzionale sulla sentenza Abu Omar

Nuovo scontro tra giudici, Cassazione e Consulta litigano sul segreto di Stato

Lo scontro tra toghe si allarga a macchia d'olio. Nelle motivazioni della sentenza, che ha prosciolto i vertici del Sismi, la Cassazione attacca duramente la Consulta accusandola di aver fatto calare "il nero sipario del segreto" sulla vicenda legata al sequestro dell’ex imam Abu Omar. Pur prendendo "istituzionalmente atto" della decisione della Corte Costituzionale che aveva accolto i ricorsi sul segreto di Stato presentati dal governo nei conflitti di attribuzione verso la Cassazione e la Corte d’Appello di Milano, la Suprema Corte non rinuncia a dire la sua criticando apertamente il segreto di Stato e le conseguenze che vengono a crearsi dall’apposizione.

"Per anni le autorità competenti - scrive il relatore Umberto Zampetti - non avevano abbassato il nero sipario del segreto, pur consapevoli che imputati e testi, appartenenti ai Servizi, stavano riferendo sui fatti". Poco prima la Suprema Corte ha dovuto precisare che la decisione presa è "profondamente incisa e radicalmente contrassegnata dalla pronuncia della Corte Costituzionale - di cui occorre costituzionalmente prendere atto - fino a porsi quale effetto cosequenziale, diretto e costituzionalmente ineludibile, della stessa". La Cassazione, dunque, prende atto della sentenza della Consulta e la definisce "decisamente innovativa" sia nel panorama generale della giurisprudenza della Consulta, "in relazione ai precedenti in materia, in quanto - come è saltato con evidenza agli occhi di ogni lettore - sembra abbattere alla radice la possibilità stessa di una verifica di legittimità, continenza e ragionevolezza dell’esercizio del potere di segretazione in capo alla competente autorità amministrativa, con compressione del dovere di accertamento dei reati da parte dell’autorità giudiziaria che inevitabilmente finisce per essere rimessa alla discrezionalità dell’autorità politica - il che non può non indurre ampie e profonde riflessioni che vanno al di là del caso singolo -", sia nella concreta incidenza nel presente procedimento, posto che "si era mosso finora proprio e fedelmente sulla strada tracciata dalle precedenti pronunce, di diverso segno, emesse dalla Corte Costituzionale".

Prendendo in considerazione le note inviate dagli stessi servizi segreti, la Cassazione spiega che "proprio da tali note la Corte Costituzionale nella sentenza del 10 febbraio scorso tanto ampia nella parte rievocativa, quanto stringata nella parte valutativa, oltre che totalmente silente circa la pur autorevole tesi dottrinale che ritiene non più opponibile il segreto in relazione a fatti ormai divenuti di pubblico dominio - prende le mosse e declina argomenti, peraltro pur assumendo di volersi porre nel solco di principi tradizionalmente enunciati dalla giurisprudenza costituzionale".

Insomma, alla Cassazione non resta che "prendere atto da un lato che non residuano, e non possono residuare, prove esterne a quell’ampio perimetro così inaspettatamente tracciato dalla sentenza ultima della Corte Costituzionale, dall’altro che i pronunciati annullamenti da parte della stessa Consulta, pur formalmente aperti a ulteriori conclusioni in capo all’autorità giudiziaria competente, in sostanza chiudono ex se il cerchio decisorio".

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