Paese normale solo se assolvono il Cav

Dalla sentenza della Cassazione dipende il futuro di un leader votato da milioni di italiani: èl’occasione per ricostruire un rapporto sano tra magistratura e politica

Paese normale solo se assolvono il Cav

I rapporti fra politica e giustizia sono così lacerati e infiammati da provocare paradossi inconcepibili nelle altre democrazie occidentali. Penso proprio ai giudici della Cassazione che devono emettere un verdetto sull'ex presidente del Consiglio e leader del centrodestra Silvio Berlusconi e al fatto che, quale che sia la loro decisione, non potranno non pensare alla conseguenze della loro sentenza: conseguenze non soltanto politiche, ma addirittura storiche visto che da esse dipenderà la permanenza o la messa fuori gioco di un uomo che da venti anni è scelto come leader da milioni di italiani. È un dato di realtà, ma non è un buon dato di realtà, visto che sottopone i giudici a una pressione impropria, costringendoli a uno sforzo per tutelare la propria autonomia di giudizio Su di loro esercita un'indebita pressione il fatto che, quale che sia la loro decisione, essa sarà comunque criticata aspramente da una delle due parti combattenti della politica o, meglio, da uno dei due umori della guerra civile che ci trasciniamo come residuato bellico post-moderno.

In più, il governo delle larghe intese, come lo show del proverbio americano, must go on, deve andare avanti per il bene del Paese e c'è da scommettere che il presidente del Consiglio debba fare appello al suo più neutrale aplomb per non mostrare in pubblico quanto tema questa sentenza che potrebbe minacciare la durata del governo e il suo servizio pubblico nell'emergenza in cui versa la società italiana oltre che la sua economia.
Si tratta quindi di pressioni tanto oggettive quanto indebite, e tuttavia inevitabili, le cui conseguenze sarebbero considerate impensabili in qualsiasi altro Paese democratico tranne che da noi, dove i nodi non vengono mai al pettine, ma crescono aggrovigliandosi.
Che cosa fare e sperare in queste ore che ci separano dalla Sfida all'Ok Corral del 30 luglio? Io credo che in questo processo in cui il leader del centrodestra è imputato per una miserabile frode fiscale che fa a pugni con la logica e le cifre complessive (per non dire altro) l'accusa non regga e che Berlusconi sia innocente. È un'opinione personale e non conta nulla, ma che in me alimenta una speranza: che Berlusconi stesso si senta abbastanza forte da chiedere di rinunciare alla prescrizione per presentarsi, cittadino fra i cittadini, davanti ai suoi giudici.

Non si tratterebbe di un effetto speciale, ma di un effetto normale: un contributo alla normalizzazione che solleverebbe i giudici da un fardello improprio facendoli sentire liberi di emettere la sentenza che ritengono giusta. Penso che questa sia l'occasione per dare non soltanto ai magistrati, ma al Paese intero un segnale di ritorno alla normalità, di voglia di ricostituire un rapporto disintossicato fra magistratura e politica. Credo che Berlusconi tema oggi tutto ciò che può stressare l'autonomia dei giudici, più che gli aspetti giudiziari del processo: me ne sono reso conto nel corso di una conversazione non destinata a diventare pubblica (ma che ho forzato affinché lo diventasse perché metteva in luce proprio questo atteggiamento inatteso) quando ho colto in lui due elementi psicologici importanti: il fatto che si senta sinceramente innocente e l'apprensione per certi effetti indesiderati del fuoco un po' troppo amico.
Se il nostro fosse un Paese normale, questo problema non esisterebbe: quasi ogni giorno vedo ad esempio la giustizia francese agire nei confronti della classe politica (in genere soltanto dopo che i protagonisti sono usciti di scena) e vedo che a nessuno salta in mente di dubitare dell'equilibrio e dell'autonomia di giudizio dei magistrati, inclusi quelli dell'accusa.

Qui in Italia dobbiamo sperare di uscire dal coma derivato da guerre civili in cui sono stati usati molto spesso gas letali e, già che ci siamo, dare anche speranza ai germi di pacificazione che giorno dopo giorno e malgrado le urla, puntellano un governo che è di necessità non per i ministri che lo compongono, ma per i cittadini che si aspettano risultati e alla svelta.

Ecco perché penso che potrebbe essere utile e civile usare un importante processo per promuovere, insieme al diritto del singolo che chiede giustizia come un diritto naturale, anche il bene della collettività nel suo complesso. Spero che sia possibile e che questa possa essere l'occasione.

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