Il partito di Alfano parte dal 7% e lui insulta subito gli ex amici

Il vicepremier attacca Forza Italia: "Movimento della rabbia". Dura la replica di Brunetta: "Angelino non ci provi, i veri estremisti sono i suoi alleati del Pd"

Il partito di Alfano parte dal 7% e lui insulta subito gli ex amici

Roma - La strategia avrebbe dovuto essere soft, ma alla prima uscita qualcosa si dev'essere inceppato. Pronti via e Angelino Alfano attacca subito i suoi ex amici. Dai microfoni di Porta a Porta dice: «Forza Italia è il partito della rabbia». Altro che morbido. Una presa di distanze dalla sua storia e dalle persone con cui ha diviso le battaglie di una vita che al gruppo di Forza Italia non è andato affatto giù. «Partito della rabbia? Giusto siamo il partito della grande maggioranza degli italiani arrabbiati contro il Partito delle tasse, arrabbiati contro il Partito democratico che vuole eliminare dalla scena politica, senza se e senza ma, Silvio Berlusconi dichiarandone la decadenza contro il diritto», risponde il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta. «Quanto al Partito degli estremisti, si guardi intorno. E osservi bene chi adesso lo elogia per aver mollato Berlusconi.

Il partito estremista è quello dei rottamatori, il partito di coloro che vogliono portare lo scalpo di Berlusconi e della Cancellieri al loro congresso. Angelino Alfano forse dovrebbe smetterla con questo suo gioco stucchevole: lui l'uomo di governo, gli altri gli estremisti. Troppo facile, banale e strumentale. Ricordi che se lui è lì lo è in base ad un patto tra gli elettori e Silvio Berlusconi. Forza Italia è il partito di Silvio Berlusconi. Il partito di Alfano assomiglia molto al partito di Letta, al partito di Monti, al partito di chi Berlusconi ha sempre combattuto. Ce ne dispiace, ci addolora. Ma Angelino non provarci più con queste tue parole, non te lo consentirò, non te lo consentiremo. Siamo l'Italia migliore». Con Brunetta sono molti gli esponenti di Forza Italia a reagire. Dalla Bergamini alla Repetti, dalla Bernini alla Gelmini, è un coro di indignazione per l'attacco di quello che fino a poche ore fa era il loro segretario.

Eppure, come detto, Alfano pensava a un approccio soft per scolorire il marchio del «tradimento» e convincere a poco a poco gli elettori che nell'operazione Nuovo Centrodestra non c'è traccia di antiberlusconismo. Un cammino accidentato che dovrà procedere con cautela, evitando gli abbracci mortali in arrivo da vari fronti, come ad esempio quelli in sequenza di Gianfranco Fini prima ed Enrico Letta poi. Ad Alfano non dispiacerebbe uno slittamento della data sul voto per la decadenza di Berlusconi. Un modo per comprare tempo e allontanare eventuali scontri con Forza Italia che però stando a ieri sera ci sono già. Nel frattempo iniziano i primi ragionamenti sulle Europee.

Per connotare il partito viene data per scontata la presenza nelle liste come «candidati civetta» di Alfano al Sud e Maurizio Lupi al Nord. Il sondaggio Emg diffuso ieri sera da Enrico Mentana accredita la nuova creatura di un consenso attorno al 7% (con Forza Italia al 18 e il centrodestra al 33,7%). Sul fronte dell'organigramma, invece, si deve ancora entrare nel merito. Al Senato sono state ufficialmente depositate le firme per la creazione del gruppo sotto la guida del presidente provvisorio, Laura Bianconi. I senatori sono 30 e ne fa parte anche Renato Schifani. Anche alla Camera è stato costituito il gruppo ed è stata raggiunta quota 29, sotto la guida di Enrico Costa. Si procede con il freno a mano tirato sul fronte dei rapporti con i Popolari. «Non c'è in vista nessuna alleanza con Mauro e Casini» puntualizza Gaetano Quagliariello.
Piena apertura, invece, a una collaborazione con la Lega di Roberto Maroni così come sono iniziati gli abboccamenti con Rosario Crocetta. «Dialogheremo.

Più largo è il consenso, più stabile il governo» dice il governatore siciliano, raccogliendo l'invito alla collaborazione di Giuseppe Castiglione, passato con la formazione di Alfano. «Mi sento regolarmente con Alfano».

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