Roma Torna loquace come ai vecchi tempi, Berlusconi. E parla con i cronisti quando meno ce lo si aspetta. Come ieri, appena sceso dal Frecciarossa (accompagnato dalla ormai inseparabile fidanzata Francesca Pascale, nel tondo) che da Roma lo porta a Milano per il delicato summit con i vertici della Lega. Un summit andato malino, con il Carroccio a chiedere tanto, troppo: il passo indietro del Cavaliere come candidato premier, l'alleanza eventualmente limitata alla sola Lombardia e l'appoggio alla battaglia del 75% delle tasse al Nord. Risultato: fumata grigio scuro, come testimonia il tweet di Alfano: «Discussione con Lega ancora in corso. Alcune importanti questioni, però, non ci convincono e potrebbero indurci a separare nostro percorso».
Berlusconi, prima del vertice, parla del premier dimissionario sia dalla carica di presidente del Consiglio sia dal ruolo di super partes. Lo fa dalla banchina della stazione centrale e attacca: «La nascita del governo Monti è dovuta a una vera e propria congiura e un grandissimo scandalo - dice rievocando il suo addio a Palazzo Chigi - E se vinciamo le elezioni instaureremo subito una commissione d'inchiesta per esaminare quei fatti». Tuona contro chi l'ha attaccato tanto da fargli abbandonare la guida del Paese senza un voto di sfiducia: «C'è stata una manovra che è stata finanziaria e politica. Fini per quale motivo ha lasciato il partito di cui era il co-fondatore, praticamente il numero due, il mio successore, per passare con l'opposizione e adesso raccogliere l'1% con un partitino politico? - si domanda caustico il Cavaliere - Bisogna scavare per sapere quali sono state le motivazioni». E ancora: «Il governo tecnico era già pronto, c'è stato veramente un vulnus grave nella democrazia». E quindi, «se non ci fosse stato quel vulnus io, ora, sarei ancora presidente del Consiglio e le cose in Italia non sarebbero andate così male».
Per nulla tenero nei confronti del Professore: «Ho sentito dire da Monti stesso e da altri ministri che eravamo sull'orlo del burrone, della catastrofe. Queste cose qua sono delle mascalzonate». Quindi l'affondo: «Monti prenderà pochi voti perché secondo i sondaggi l'agire e le conseguenze dell'agire di questo governo tecnico sono lì da vedere». Ma c'è anche del livore quasi personale quando parla della «salita» in campo del Professore: «Non me l'aspettavo, dopo le sue reiterate dichiarazioni. C'è stata una grande delusione, credo, da parte di tutti, una grande caduta di credibilità del personaggio». E ancora: «Le promesse da marinaio sono un bel viatico per chi vuole avere la fiducia degli elettori». L'aggravante: chi sostiene l'agenda Monti in realtà «favorisce la sinistra».
Poi, via verso il centro per una colazione assieme a Formigoni (sul tavolo la questione delle liste e i rappresentanti di Cl che saranno ben rappresentati in casa Pdl), prima del faccia a faccia con il leghista Calderoli, presenti Alfano e Verdini. Il Cavaliere anticipa cosa dirà all'esponente del Carroccio: «Capisco che, nella loro base, ci possa essere un sentimento di sorpresa nel vedere che continuiamo con l'alleanza, perché, in tutto quest'anno passato, la Padania e Radio Padania ci hanno attaccato per aver sostenuto il governo dei tecnici». Ma sparge ottimismo quando gli chiedono della chiusura di Maroni: «Le sue sono solo parole ma dentro di me sono tranquillo e credo che troveremo il modo di lavorare». Anche perché «Dovranno convincere i loro elettori che, da soli, non riusciranno a realizzare nessuna delle loro tesi. Non vedo che interesse possano avere».
Ma la rottura vera arriva quando Calderoli mette sul tavolo la questione premiership. Berlusconi è seccato. Cita i dati che hanno fatto balzare il Pdl al 20% e scuote la testa. «Non se ne parla, il candidato resto io: tutti i sondaggi dicono che è la mossa giusta». Per adesso è muro contro muro anche se rimane uno spiraglio, seppur piccolo: «Dobbiamo pensarci perché ci sono delle cose che non ci convincono - dirà poi il Cavaliere che esclude di aver affrontato il caso candidatura a palazzo Chigi- In questo momento è ancora tutto aperto e non possiamo accettare le cose a scatola chiusa».
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