Durante l'ultima puntata di Quarta Repubblica, andata in onda ieri sera, si è registrato un acceso confronto tra Antonio Di Pietro e il professor Angelo D’Orsi sul tema della violenza nelle recenti proteste sindacali a Genova, con i sindacalisti della Fiom che prima hanno preso di mira i poliziotti e poi hanno aggredito, secondo quanto denunciato dalle vittime, alcuni "colleghi" della Uil. L’ex magistrato è intervenuto dopo aver ascoltato il dibattito in studio, visibilmente irritato per alcune affermazioni del professore, e ha offerto una lettura diametralmente opposta di quanto sta accadendo nel Paese.
Di Pietro ha esordito ricordando che "scioperare è un diritto costituzionale", ma "lo è anche non scioperare". Da qui la sua amarezza per alcune espressioni utilizzate poco prima da D’Orsi, che a suo dire avrebbero dipinto come irresponsabili, in mala fede e disonesti coloro che non si allineano alle sue opinioni. «Io non la penso come lui», ha scandito l’ex ministro, «e mi sono sentito chiamato in causa».
Ricordando la sua esperienza di commissario di polizia, Di Pietro ha raccontato di aver sempre difeso il diritto a manifestare pacificamente, mostrando rispetto sia ai lavoratori che scendono in piazza senza violenza, sia ai giovani agenti che, nelle stesse circostanze, finiscono spesso in prima linea a subire aggressioni. "Prendevamo tante botte - ha detto - perché i ragazzi di fronte a noi avevano dei sapientoni saccentoni saputoni che filosofeggiavano e li incitavano alla violenza". Secondo l'ex pm, infatti, c'è il rischio che episodi oggi considerati minori possano trasformarsi in un’escalation progressiva. Financo arrivare al terrorismo. "Oggi non c’è stato ancora il morto, non c’è stato ancora un colpo di pistola", ha avvertito. Ma non si può escludere nulla. Per l’ex magistrato è essenziale non sottovalutare questi passaggi, perché il confine tra rabbia sociale e violenza organizzata può assottigliarsi rapidamente. "A forza di tirare la corta alla fine si spezza. Oggi scrivo una una parolaccia sul muro. Domani sfascio una vetrina. Dopodomani incendio una macchina e il giorno dopo... gambizzo una persona. Così è successo negli anni '70. Prima o poi vedrete che ci sarà qualche gamba gambizzata".
Il confronto si è fatto ancora più aspro quando Di Pietro ha contestato quella che considera una lettura ideologica e selettiva degli episodi accaduti in questi giorni.
Ha accusato D’Orsi di giustificare alcune irruzioni e stigmatizzarne altre in base alla matrice politica di chi le compie, con il risultato di dividere gli autori delle violenze in “buoni” e “cattivi” a seconda della loro appartenenza. Per il professore, infatti, l'assalto alla sede della Cgil del 2021 non è paragonabile all'attacco subito dalla Stampa ad opera dei Pro Pal. Per Di Pietro, chi lo sostiene è "un cattivo maestro".