All'opposizione non par vero che la Corte dei Conti sia intervenuta con uno stop temporaneo per l'iter amministrativo del progetto infrastrutturale per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, le cui motivazioni saranno rese note entro 30 giorni. Da ieri dalle parti del Pd e dei partiti che compongono la minoranza del parlamento si invoca, e ci si augura, la caduta dell'esecutivo. Il governo di Giorgia Meloni ha però confermato l'intenzione di andare avanti e l'ha fatto anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, secondo il quale "questa è la casta giudiziaria che vede il crollo del suo potere e del suo impero. E queste sono le sue ultime, disperate invasioni di campo". Intanto questa mattina il vicepremier Salvini sarà a Palazzo Chigi per partecipare alla riunione convocata dal presidente Meloni, con l'altro vicepremier Tajani in collegamento, per trovare una soluzione per far partire i lavori.
Tra chi si è buttato sulla questione per polemizzare contro l'esecutivo c'è anche Ilaria Salis, secondo la quale il Ponte sullo Stretto di Messina, voluto anche dall'Europa, è "un’opera ideologica fortemente voluta dal governo ma non altrettanto dalla popolazione, che giustamente avverte ben altre priorità". Il riferimento è alle poche migliaia di persone che hanno manifestato ad agosto a fronte delle centinaia di migliaia che sono rimaste a casa ma, come sempre, la minoranza rumorosa assume un peso maggiore della maggioranza silenziosa. "Quei 13,5 miliardi possono essere destinati a un vero Piano Casa, alla sanità, all’istruzione, al welfare, al trasporto locale, alla transizione industriale: insomma, alla vere urgenze del Paese. Con buona pace delle manie di grandezza di quel Salvini che, fino a poco tempo fa, reclamava i pieni poteri… Il governo accetti di fare un ragionevole passo indietro", è la conclusione di Salis.
L'europarlamentare, al pari degli esponenti del suo partito, è andata all'attacco del vicepremier Salvini, che non sembra però intenzionato né a dismettere il progetto né, tanto meno, a rimettere il proprio incarico ministeriale. "In attesa delle motivazioni, chiarisco subito che non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora, visto che parliamo di un progetto auspicato perfino dall'Europa che regalerà sviluppo e migliaia di posti di lavoro da sud a nord. Siamo determinati a percorrere tutte le strade possibili per far partire i lavori.
Andiamo avanti", sono state le prime parole a caldo del ministro. Una posizione confermata anche dal premier Meloni, con buona pace dell'opposizione che spera, forse di tornare al voto anticipato o, ancora meglio, ottenere un nuovo governo con le larghe intese.