Letta in mezzo al guado tra avversari e fuoco amico

Il premier vuole resistere a tutti i costi, ma nel partito monta la fronda di chi invoca le urne

Letta in mezzo al guado tra avversari e fuoco amico

La foto scattata in Afghanistan, dove è stato ieri in visita lampo ai militari italiani, lo ritrae con l'elmetto calcato in testa. Ed è perfetta per l'atmosfera che attende in Italia Enrico Letta: «Credo che nei prossimi giorni non se lo leverà neppure per andare a letto», scherza uno dei suoi. Una battuta che però rende bene la situazione di un premier in trincea, mentre sulla sua testa si incrociano i colpi degli avversari e il fuoco amico. Il match Brunetta-Fassina ne è un buon esempio, e ieri a Palazzo Chigi erano furibondi col viceministro dell'Economia che «offre pretesti al Pdl e sembra già in campagna elettorale». Mentre gli ultimatum del Pdl rendono quasi impossibile ormai proseguire quel discreto lavorio dietro le quinte per prendere tempo sulla decadenza di Berlusconi, che ora nessuno nel Pd può più permettersi di avallare, perché verrebbe sbranato dai suoi.

Chi ci ha parlato nelle ultime ore descrive un Letta tesissimo, preoccupato e incerto sul da farsi, mentre sul governo si addensano nubi nere. Qualcuno, tra i più vicini, gli suggerisce la linea dura: «Prima che ti facciano la festa, vai all'attacco: dimettiti, e poi chiama chi ci sta alla responsabilità: se va bene, spacchi il Pdl e rilanci. Se va male, ti candidi alle elezioni come l'uomo che ha mandato a casa Berlusconi». Tanto più che dal capo dello Stato, raccontano i supporter di Letta, è arrivata nei giorni scorsi l'assicurazione: «Se aprono la crisi, io ti ridò l'incarico e ti mando davanti alle Camere, e vediamo che succede», è stato il senso del messaggio di Napolitano. Sul tavolo c'è sempre l'arma-fine-di-mondo delle dimissioni del Presidente, che potrebbe spingere molti parlamentari a sostenere un Letta-bis. Ma nel Pd molti assicurano che un Letta-bis con un'esile maggioranza «raccogliticcia» di fuoriusciti Pdl e grillini non è praticabile, «il primo che non ci starebbe è Enrico».

Ma per ora il premier non ascolta queste sirene, e ripete a tutti che il suo obiettivo è salvare il governo e andare avanti, anche a costo di continuare a rinviare le decisioni, e agguantare quel semestre di presidenza della Ue che resta in cima ai suoi sogni: «Buttare a mare tutto in questo momento sarebbe una follia, sono certo che il buon senso prevarrà perché altrimenti si entra in un avvitamento irrazionale che non serve al paese», dice. Dunque, né crisi di governo né tantomeno elezioni. Che in molti però cominciano apertamente ad evocare, anche nel suo partito: prima D'Alema, poi ieri Walter Veltroni, che detta un'agenda precisa: «Si fa subito la legge elettorale che cambia il Porcellum, poi all'inizio del prossimo anno si va a nuove elezioni». Con Matteo Renzi, che secondo Veltroni deve anche candidarsi a segretario al prossimo congresso. Il fronte anti-Renzi e anti-congresso perde terreno a rotta di collo, nel Pd.

Persino Bersani ha dovuto smentire il fido Zoggia, che in pratica auspicava una crisi per annullare primarie e congresso, mentre sul territorio tutti stanno saltando sulla barca del potenziale vincitore, Renzi, dalla Sicilia al profondo Nord.

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