Roma - Il casco bianco, la paletta, un incrocio da presidiare. Napolitano come il vigile di Sordi, allora è così che Pier Luigi Bersani vede il suo vecchio compagno di partito: «Il capo dello Stato dalla prossima settimana dirige il traffico». Che succede, dopo il giaguaro, il segretario del Pd vuole smacchiare anche il capo dello Stato? «Giorgio Napolitano è anche un uomo molto spiritoso - spiega - e non se la prenderà. Ho un'enorme stima per quello che ha fatto e quello che farà. Davanti ha un compito molto difficile».
Una battuta delle sue. Ma sotto la spiritosaggine c'è un disagio reale, anzi uno scontro duro, oltre alla conferma che la partita del governo è sempre più intrecciata con quella della Colle: Napolitano infatti è l'ostacolo più alto che separa Bersani da Palazzo Chigi. Forte della sua maggioranza incompleta, il leader del centrosinistra forse otterrà un incarico «con riserva». Ma se non dimostrerà di avere i numeri, cioè se i Cinque stelle non dichiareranno ufficialmente durante le consultazioni di essere disposti a votare la fiducia, è quasi sicuro che Napolitano lo fermerà.
Quindi, questo è il ragionamento al Largo del Nazareno, meglio mettere un altro sul Colle, magari uno più malleabile, uno che non sarà nel semestre bianco e che potrà sciogliere le Camere. E subito si riaccende la corsa per il Quirinale. Il candidato perfetto, nell'ottica dei democratici, è Romano Prodi. Se Monti non si mette di traverso, ci sono pure i numeri per eleggerlo facilmente. L'alternativa è Pietro Grasso, neopresidente del Senato, figura prestigiosa nella lotta alla mafia, già seconda carica della Repubblica. Terzo nome, Stefano Rodotà, forse gradito ai grillini.
Lo schema di Bersani ha però un grosso difetto: il Pd ha già conquistato le due Camere ed è impensabile che possa mettere il cappello anche su Quirinale e Palazzo Chigi, almeno una delle due poltrone dovrà mollarla. Se Bersani vuole il governo, per sé o per un altro del suo partito, dovrà lasciare il Colle. Angelino Alfano prova lo spariglio: «Saremo disponibili a sostenere un suo governo se ci sono le condizioni: rappresentanza dei moderati alla presidenza della Repubblica e misure economiche per far ripartire l'economia». La risposta pd è sprezzante: «Qui non c'è recapito per gli scambi indecenti».
Ma il Pdl può giocare altre carte capaci di scompaginare il campo del centrosinistra. La prima è Giuliano Amato, che ieri sul Sole 24 ore scriveva di crescita, di rapporti con l'Europa, di correzioni alla politica di austerità. La seconda, nonostante le smentite, è Massimo D'Alema, il vero anti Prodi. Con uno dei due il Cavaliere si sentirebbe abbastanza garantito. Poi c'è l'ipotesi Napolitano. Il centrodestra continua a tenere coperta la pista, anche perché il diretto interessato continua a dirsi indisponibile al bis. Ma se tutti glielo chiedessero? E se il suo nome fosse in campo, come potrebbe almeno metà del Pd non votarlo? Se poi toccasse a una donna, sono pronte Emma Bonino e Annamaria Cancellieri.
Intanto, siccome c'è da provare a mettere in piedi un esecutivo, Napolitano approfitta della giornata dell'Unità nazionale per affidare alle onde della politica il suo milionesimo messaggio in bottiglia, che è un vero programma di governo. Il quadro è sconfortante. «Oggi, gli italiani lo sanno bene, è di nuovo un momento difficile e duro. Per l'economia che non cresce, la disoccupazione che aumenta e dilaga tra i giovani, il Mezzogiorno che resta indietro, per quel che non va nello Stato, nelle istituzioni, nella politica e che va riformato».
In attesa di risolvere il cubo di Rubik, ecco sul Colle Grasso e la Boldrini. «Sangue freddo, fatica e successo», questo il viatico presidenziale.
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