I commercianti indicano i tagli: "Nelle regioni 82 miliardi di sprechi"

Il presidente Sangalli promuove il governo ma avverte: "Inefficienze da eliminare. Meno tasse per gli autonomi"

I commercianti indicano i tagli: "Nelle regioni 82 miliardi di sprechi"

nostro inviato a Cernobbio (Como)

Altro che i cinque miseri miliardi di Carlo Cottarelli: secondo Confcommercio i tagli alle spese improduttive potrebbero fruttare 82 miliardi di euro. Basterebbe che tutte le regioni italiane fossero governate come la Lombardia, dove il rapporto tra spesa pubblica e servizi offerti ai cittadini è il migliore d'Italia. Carlo Sangalli non ha dubbi: da presidente dei commercianti, categoria tra le più colpite dalla crisi, nella classifica degli interventi più urgenti antepone «il taglio della spesa pubblica improduttiva» a quello delle tasse. «Controllare, ridurre e riqualificare» le spese, «e farlo con il bisturi, non con l'accetta, evitando tagli lineari e indiscriminati, e adottando senza indugi i costi standard per tutte le funzioni pubbliche».

Il dossier dell'Ufficio studi di Confcommercio presentato al Forum dell'associazione a Villa d'Este di Cernobbio fornisce dati clamorosi. La spesa pubblica italiana non genera crescita, non è vero che lo Stato deve spendere per sostenere l'economia. E le sforbiciate devono colpire non tanto le spese dell'amministrazione centrale, dove finora si sono concentrati i tagli più pesanti, ma nelle periferie. Sono le inefficienze di regioni, province, comuni le più pericolose. Dal 1990, calcola Confcommercio, la spesa per consumi finali delle amministrazioni centrali è scesa dal 9,6 all'8 per cento del prodotto lordo, mentre la spesa corrispondente delle amministrazioni locali è salita dal 9,9 all'11,6 per cento, soprattutto a causa delle spese sanitarie. Nelle istituzioni locali vale il principio che piccolo non è bello ma è caro. Più gli enti sono minuscoli più costano, soprattutto se hanno uno statuto speciale. I costi standard, cavallo di battaglia dell'ultimo governo Berlusconi, restano il metodo migliore per abbattere le inefficienze. Le regioni più virtuose restano quelle settentrionali, Lombardia in testa, dove si spende meno (3.900 euro a testa contro gli oltre 5.000 di Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna, oltre a Val d'Aosta e Trentino Alto Adige a statuto speciale) e si forniscono i servizi migliori in materia di sanità, verde pubblico, asili, raccolta dei rifiuti, forniture di acqua ed energia elettrica, eccetera.

Non è detto che la Lombardia sia il meglio possibile. Ma se nel resto d'Italia si governasse allo stesso modo, si eviterebbe un eccesso di spesa pari a 82,3 miliardi di euro. È su questo enorme bacino di inefficienze che si deve intervenire. «Nelle regioni meridionali - spiega Mariano Bella, direttore dell'Ufficio studi di Confcommercio - per ottenere un livello di servizio come quello fruito mediamente in Lombardia si spenderebbe anche il quadruplo. L'idea dei fabbisogni e dei costi standard come criterio di riferimento generale per una buona gestione della cosa pubblica ha a che fare con queste evidenti distorsioni».

Da Confcommercio è arrivata un'apertura di credito al governo Renzi. «Le prime misure annunciate vanno nella giusta direzione - dice Sangalli - se venissero confermati tutti i provvedimenti, Pil e consumi potrebbero anche crescere significativamente». L'Ufficio studi calcola che il Pil salirebbe dello 0,8 per cento invece dello 0,3: numeri comunque microscopici. «Non c'è spazio per il facile ottimismo - aggiunge il leader dei commercianti - Il reddito è ai livelli del 1986. Negli ultimi sei anni i consumi delle famiglie sono scesi del 7,6 per cento e gli acquisti di beni durevoli addirittura del 28. Non sono certo prospettive favorevoli per le imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti, le nostre imprese, quelle che vivono soprattutto di domanda interna».

È necessario «togliere ostacoli dannosi sui contratti a tempo determinato» ma soprattutto «estendere i benefici della detassazione al popolo delle partite Iva, ai lavoratori indipendenti e autonomi, che resistono sul mercato e meritano rispetto e riconoscenza per come stanno affrontando questa crisi. Non sono accettabili discriminazioni basate sul pregiudizio che tutti gli autonomi siano evasori».

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