Roma Le polemiche tra Coop e Cgil sugli ipermercati aperti il 25 aprile erano soltanto un antipasto. Il piatto forte va in tavola oggi, primo maggio, festa del lavoro, giornata in cui è tabù muovere un muscolo diverso da quelli delle mandibole. Il terreno di scontro è sempre lo stesso: supermercati e grandi centri commerciali, come se fossero gli unici luoghi di lavoro festivo. In realtà, il primo maggio lavora una quantità di gente in tanti settori diversi: medici e infermieri, casellanti autostradali, cuochi e camerieri, tassisti, baristi, giornalisti e tecnici di radio e tv, forze di polizia, operatori turistici.
Per centinaia di migliaia di persone la festa del lavoro è un giorno di attività come gli altri o quasi, una data da giocarsi nei turni con i colleghi, anzi una meta appetitosa per il portafogli: in Rai lavorare il primo maggio garantisce quasi una settimana di stipendio in più. Ma se tiene aperto un centro commerciale, apriti cielo. La grande distribuzione è diventata l'ultima frontiera dei sindacati, la linea del Piave da difendere a tutti i costi, compreso con lo sciopero nel dì di festa.
Alzare le saracinesche di un esercizio commerciale anche oggi è previsto da una norma del decreto Salva Italia del governo Monti che ha liberalizzato le aperture festive. In (mal)tempo di crisi, un'apertura straordinaria è tutta manna dal cielo. Se piove, i centri commerciali vengono presi d'assalto per la possibilità di fare un po' di shopping, vedere un film o anche semplicemente guardare le vetrine all'asciutto. A tanta gente che durante la settimana deve sgobbare restano soltanto i giorni di festa per fare la spesa.
Quest'oggi non andrà in scena la tenzone tra Coop e Cgil del 25 aprile: la catena dei supermercati rossi ha deciso di tener chiuso quasi ovunque. Riposa anche Esselunga, che ha lavorato venerdì scorso. Ma l'elenco delle sigle stakanoviste è considerevole: Billa, Upim, Coin, Zara, Oviesse, Mercatone, Famila, e altre ancora. Diritti dei lavoratori contro diritti dei consumatori. È un circolo vizioso perché chi lavora consuma. La contrapposizione è ideologica, a uso di chi si rifiuta di guardare la realtà. Come fanno i sindacati, che se la prendono soltanto con i centri commerciali negando il fatto che gli iper aperti alla festa, al giorno d'oggi, svolgono un servizio al pubblico come le ferrovie e le edicole.
Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs hanno proclamato scioperi oggi in varie zone d'Italia per impedire che i supermercati potessero richiamare in servizio commesse e magazzinieri. E la grande distribuzione ha ribattuto assumendo migliaia di precari, lavoratori interinali e a chiamata. Non potendo assumere sotto sciopero, le imprese hanno precorso i tempi chiudendo gli accordi prima che venisse proclamata l'astensione dal lavoro.
Con le giornate feriali cariche di impegni, spesso le feste rimangono le uniche possibilità per fare compere. Le aperture straordinarie garantiscono incassi, lavoro, maggiore possibilità di scelta. Tutte cose che dovrebbero interessare ai sindacati del commercio. Ma mentre il mondo cambia, essi preferiscono difendere non le persone ma i simboli, le bandiere, le appartenenze ideologiche.
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