Ieri il Financial Times, nella sua pagina dei commenti, ha ospitato un articolo di Wolfgang Münchau titolato: «Perché Monti non è l’uomo giusto per guidare l’Italia». Nel fondo si sostiene ciò che i lettori del Giornale hanno già sentito: il premier dice di aver salvato la nazione dal burrone, ma la maggioranza degli italiani sa che il calo dei rendimenti è merito di Mario Draghi. Vengono criticate la politica di austerità dei tecnici, le nuove tasse e le scarse riforme. E infine, perfidamente, si paragona Monti ad Heinrich Bruning, il cancelliere tedesco che tra il 1930 e il 1932 con le sue dure e inutili politiche economiche e fiscali, creò le condizioni per l’avvento di Hitler. Roba forte. Che ovviamente non è andata giù al professore della Bocconi, che a stretto giro ha risposto: si tratta di un «editorialista che ha una vecchia polemica con Merkel e vorrebbe che tutti dessero colpi d’ariete per far saltare l’Eurozona così come la vede la signora Merkel... un editorialista che ha vecchie frustrazioni con la Germania ».
Questa piccola polemica getta una certa luce sull’atteggiamento politico di Monti. Vediamo.
1. Il presidente del Consiglio non può permettersi neanche un piccolo buffetto da parte dell’establishment internazionale. I suoi risultati di politica economica interna sono negativi ( disoccupazione, crescita, fiscalità e concorrenza) e il suo unico argomento resta la supposta credibilità internazionale. Il rischio è che qualcuno sveli ciò che in Italia è chiaro e cioè che il re è nudo.
2. Per difendersi dalla critica Monti considera la Merkel come il vero bersaglio del Financial Times . Insomma il suo governo sarebbe un danno collaterale di una guerra euroscettica. Ma ciò è ancor più raccapricciante. Difendendosi in questo modo Monti non fa che alimentare il sospetto che il suo più che un governo per gli italiani e degli italiani sia stato un esecutivo eterodiretto. Solo in questa logica si può seguire il ragionamento difensivo di Monti e cioè: attaccano me per colpire la Merkel.
3. Il premier, se ci è permesso, è vittima sempre di più di quella barzelletta-gossip che circolava negli anni 80 su Julio Iglesias. Sì il cantante. Era così pieno di sé e delle sue virtù amatorie, che quando le esercitava, narra il pettegolezzo, ci sarebbe stato un coro di giovani fanciulle ad applaudirlo. Ecco, Monti non può che tollerare gli applausi. È incapace per un solo secondo di mettersi in discussione. Se un opinionista lo critica, esso diventa immediatamente «frustrato».
Dovrebbe sapere che qualche critica alla sua visione può esistere: soprattutto ora che ha smesso il cappello tecnico per indossare quello politico. L’applauso alla Iglesias è una favola. E le sue tesi psicanalitiche sui comportamenti altrui converrebbe che le utilizzasse per se stesso e per la depressione in cui ha fatto piombare l’economia italiana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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