Segnali di fumo Montezemolo-Berlusconi. Tra i due, che sono e restano buoni amici anche in privato, i contatti proseguono. Rapporti che non si sono mai interrotti, per la verità. E su molti punti l'intesa tra i due è massima. Primo punto che li accomuna: pescano nello stesso, immenso, bacino elettorale. Entrambi parlano al popolo dei moderati, che resta maggioranza nel Paese. Entrambi predicano il verbo liberale del «meno Stato, meno tasse, meno spesa pubblica». Entrambi bocciano qualsiasi ipotesi di patrimoniale e, fosse per loro, ridurrebbero subito il carico fiscale sul lavoro, vera zavorra per le nostri imprese. Entrambi condividono le ricette della new entry Oscar Giannino che con la sua lista, «Fermare il declino», aggiunge anche quel pizzico di federalismo alla proposta liberale di Mr. Ferrari. La liasion tra Giannino e Montezemolo, infatti, è già istituzionalizzata. Altro aspetto che di recente ha avvicinato ancor di più il Cavaliere e l'ex presidente della Ferrari è la medesima opinione sulle ultime mosse di Casini. Il leader Udc cerca in tutti i modi di accaparrarsi i ministri tecnici. «Pesca a strascico», aveva ruvidamente commentato Italia Futura. Una bastonata non solo ai centristi (desiderosi di farsi una verginità) ma ai tanti tonni che all'amo hanno abboccato.
Paradossalmente anche sulle prossime mosse da compiere, Berlusconi e Montezemolo si assomigliano. Entrambi aspettano, tentennano, fanno melina. Né il Cavaliere né Montezemolo muoiono dalla voglia di buttarsi nella mischia come candidati premier. L'unione fa la forza ma il matrimonio tra i due è lontano dal celebrarsi. E qui vengono fuori i nodi che si chiamano Pdl e Italia Futura. Premessa: Italia Futura non è sinonimo di Montezemolo. L'associazione è figlia sua ma ormai è una creatura che cammina con le proprie gambe e con le proprie teste (che sono molteplici e non sempre compatte). Proprio da Italia Futura sono arrivati i principali non possumus a ogni sorta di apparentamento «con questo Pdl». Una sorta di veto posto a Montezemolo e, indirettamente, al Cavaliere. Tutti gli ingranaggi del pensatoio montezemoliano ritengono impossibile l'apparentamento con chi è stato classe dirigente fino a oggi. In pratica, agli occhi dei montezemolini, il Pdl avrebbe dovuto e dovrebbe sbarazzarsi di colonnelli, gerarchi e ras che hanno vissuto di politica. Fallendo, per di più. Via i vecchi, via i chiacchierati, via chi non ha altro mestiere al di fuori del Palazzo, via - anche - le scorie stataliste rappresentate dalla costola ex aennina del partito. Richieste mica facili da accogliere, da parte di Berlusconi. Il quale, in parte, condivide l'esigenza di aprire le finestre del suo partito per far entrare aria fresca e nuova.
Dall'altra parte c'è il nodo Pdl, ovviamente restio a farsi da parte e diffidente nei confronti degli sgomitanti «italiafuturisti».
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