PUBBLICO SOSTEGNO Il premier da Napolitano poi offre comprensione al Cav per la sentenza

RomaNo, forse non toccherà baciare il lato B del Cavaliere, come prevede Beppe Grillo, ma insomma, come gli spiega Giorgio Napolitano in un faccia a faccia al Quirinale, qualcosa sulla sentenza della Consulta bisognerà pur dirla. Infatti eccolo il premier, all'uscita di Montecitorio, mentre offre a Silvio Berlusconi la sua comprensione. «Il verdetto? Immagino sia rimasto deluso, ma le sue parole pubbliche sono state senz'altro corrette e collaborative».
E nelle prossime due settimane di collaborazione a Letta ne servirà davvero tanta. Palazzo Chigi è sotto pressione, preso nella tenaglia dei parametri europei, del Pdl che vuole portare a casa i suoi provvedimenti-bandiera, Imu e Iva, e di Matteo Renzi che ha deciso di candidarsi alla segreteria del Pd attaccando «la genetica attitudine dc del rinviare e rinviare».
Acque agitate, scogli imprevisti. Letta, di concerto con il Colle, si sta impegnando per tenere basso il livello dello scontro. Intanto rafforza il suo network. Ha aperto un canale con Obama e Putin, sta organizzando una visita al Papa, gode dell'appoggio di sindacati e Confindustria. Per Giorgio Squinzi «è l'unico governo possibile». Non c'è rischio imminente di crisi, ma di depotenziamento, di irrilevanza, sì. I segnali non sono buoni: il governo è costretto a porre sul «decreto emergenze» la sua prima fiducia. Alle Camera finisce con 383 sì e 154 no, la maggioranza di larghe intese tiene ma perde settanta voti rispetto al giorno dell'insediamento. Molti i banchi vuoti e dai tabulati di Montecitorio risultano solo 19 deputati in missione. Gli altri 50 e rotti vanno quindi interpretati come un avviso ai naviganti. I 26 gli assenti del Pd, i venti del Pdl e i nove di Scelta Civica testimoniano di un malessere trasversale.
Il tempo corre: entro la fine del mese Palazzo Chigi dovrà prendere una decisione sull'Iva ma Letta non sembra avere ancora la soluzione in tasca. Il presidente del Consiglio prova a rompere l'accerchiamento invitando Angelino Alfano ad un pranzo di lavoro. Il vice premier lo rassicura, «il Pdl sosterrà il governo», però lo mette alle strette: «È necessario che mantenga gli impegni presi con l'abolizione dell'Imu e lo stop all'aumento dell'Iva». Questa, aggiunge il presidente dei senatori del Pdl Renato Schifani, è la linea del partito: «Saremo leali ma intransigenti». Daniela Santanchè parla invece di un appoggio a tempo e alza parecchio l'asticella: «La nostra pazienza non è infinita. Oltre all'Imu e l'Iva, che noi diamo per scontati, il vero banco di prova è quanto Letta riuscirà a strappare al vertice europeo. Non può tornare a mani vuote, ma deve ottenere interventi concreti per la crescita, a partire dall'allentamento del patto di stabilità».
Il centrodestra, che definisce «irrinunciabili» questi punti di politica economica, non farà le barricate su altri argomenti. Fabrizio Cicchitto, ad esempio, difende Josefa Idem e la sua palestra-prima casa: «Non mi piacciono gli imitatori di Travaglio e nemmeno il gioco al massacro contro il ministro». E Lucio Malan sgonfia la minaccia dell'Aventino in caso di ineleggibilità di Berlusconi. «Se sarà questa la decisione, bene, lasceremo il Parlamento. Anche se non capisco a cosa potrebbe servire una protesta del genere».
Ma Letta farebbe bene a guardarsi soprattutto dal fuoco amico. Stavolta a rimettere tutto in movimento è Matteo Renzi che vuol «attraversare il Rubicone». Il sindaco di Firenze, che vuole fare il Tony Blair italiano, ha cannoneggiato il quartier generale del governo.

«Non vorrei che i famosi quattro del pulmino cadessero nella sindrome del Conte Zio dei Promessi Sposi, sopire e troncare, troncare e sopire». E i quattro guarda caso sono la spina dorsale democristiana dell'esecutivo: Letta, Alfano, Franceschini e Lupi.

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