Quei cori dei bravi ragazzi «pacifisti» come gli slogan degli anni di piombo

Pugno chiuso, intolleranza e parole d’odio, spesso senza capirne il significato

Quei cori dei bravi ragazzi «pacifisti» come gli slogan degli anni di piombo
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Nella frenesia di mettere al rogo i poliziotti si sta forse sottovalutando quanto accade in nei licei italiani. In questi ultimi giorni il mondo studentesco è al centro delle cronache per gli scontri che si sono verificati con le forze di polizia durante il corteo di Pisa. Ma non si sono ancora sentite riflessioni concrete sul clima che si respira negli ambienti giovanili, dove si stanno radicando toni che non si discostano da quelli degli Anni di Piombo. E si sa il ruolo che hanno avuto le scuole e gli studenti rossi in Italia negli anni Settanta.
Firenze, dove non mancano le polemiche per un altro corteo, fermato dalla polizia prima che raggiungesse un punto sensibile, è una delle roccaforti rosse del nostro Paese. Ma sulle rive dell’Arno il clima sembra essere ancora più rovente. «I covi dei fascisti si chiudono con il fuoco, ma con i fascisti dentro sennò è troppo poco», è lo slogan che si legge in un recentissimo post condiviso dal «collettivo Faro» del liceo Rodolico del capoluogo toscano. Sono ideologicamente parte di quei «bravi ragazzi» che si rifanno agli slogan degli anni Settanta, quelli che scandiscono che «uccidere un fascista non è reato», che pretendono di avere il dominio totale delle scuole, dove non devono esistere idee diverse dalle loro. Vietato il volantinaggio ai collettivi di destra, che se provano ad avvicinarsi alle scuole vengono aggrediti e insultati. E se poi scoppiano i disordini, come accaduto fuori dal liceo Michelangiolo, sempre a Firenze ma un anno fa, accade che la narrazione dominante scarichi ogni colpa su una sola parte, che non è mai quella rossa. Perché c’è sempre qualcun altro da incolpare.
Certo, i «bravi ragazzi» con la kefiah e il pugno chiuso sono esenti da ogni colpa anche quando scandiscono: «X (nome qualunque del centrodestra) fascista sei il primo della lista». Anche quando i volantini distribuiti dai collettivi di destra vengono stracciati e mostrati con orgoglio sui social. «Ci rifiutiamo di lasciarli volantinare davanti alla nostra scuola», scrivono dal collettivo del liceo Rodolico. E ci si chiede come intendono esercitare il loro rifiuto, anche se la risposta è già nello slogan sui covi e il fuoco. Ma questo non è l’unico caso.
Nei volantini dei collettivi rossi si parla di «lotta» e di «lotta sempre più dura», altri richiami che riportano ai tempi bui degli scontri (quelli sì) violenti di piazza che nessuno vorrebbe mai più rivivere.
Per non parlare dei richiami inneggianti a chi ha ucciso Sergio Ramelli, 18enne, solo perché schierato da quella che per i «kompagni» è la parte sbagliata, con quel vergognoso slogan «Tutti i fasci con una chiave inglese fra i capelli».

Non è nemmeno da escludere che tanti di quelli che scandiscono questi o altri adagi, come «fascio attento ancora fischia il vento» non siano nemmeno consapevoli di quel che dicono. E sarebbe forse meglio così, piuttosto che avere la certezza che lo siano e che si stia tornando ad ampi passi ai bui anni Settanta.

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