Quei tagli impossibili tra veti e proteste

Giudici, sindacati, insegnanti: il lavoro di Bondi non è iniziato e già i possibili bersagli salgono sulle barricate

Quei tagli impossibili tra veti e proteste

Roma - «Durerà poco», pronosticava pochi giorni fa un esponente del governo riferendosi all’entusiasmo per i tagli alla spesa pubblica. Il copione è quello già sperimentato con le liberalizzazioni o la riforma del lavoro, che poi è molto simile a quello di una ordinaria sessione di bilancio da governo politico: chi non è toccato dai cambiamenti fa il tifo e magari ne chiede di più drastici, chi è anche solo sfiorato di mette di traverso. Per il momento si tratta di difese preventive e di paletti piazzati a difesa di sforbiciate o di future invasioni di campo. Ad esempio la Cgil ieri si è preoccupata di lanciare un messaggio a Giuliano Amato che si dovrà occupare dei finanziamenti pubblici a partiti e sindacati. Una delega che, secondo il segretario generale Susanna Camusso, «non ha natura perché non esiste un finanziamento pubblico ai sindacati, salvo che qualcuno non voglia pensare che lo siano i permessi sindacali. Allora saremmo di fronte a un pericolo democratico».
Ancora più nel dettaglio, il sindacato teme che si tocchino le deleghe, cioè il pagamento delle quote sindacali direttamente dalla busta paga. E teme che ci siano giri di vite sui permessi sindacali, che sono espressamente citati nella spending review. Ma quelli, per Camusso, rappresentano «un esercizio di libertà sindacale. C’è molta propaganda - ha aggiunto - non si sa come sono le cose. Se il mandato è quello del finanziamento pubblico il tema non si pone. Se si propone il tema della riduzione delle libertà sindacali - ha concluso - allora si pone un problema di libertà democratica».
Una forma di finanziamento pubblico in realtà esiste ed è quello dato ai centri di assistenza fiscale e ai patronati. Se dovessero arrivare tagli in quel settore, magari legati alla riorganizzazioni dell’Inps, i sindacati ne risentirebbero e c’è già chi nelle confederazioni sta cercando di capire se i servizi resi dalle strutture del sindacato potrebbero stare sul mercato, senza soldi pubblici.
Prima ancora che Amato e Bondi inizino il loro lavoro, a destare allarme è stata la spending review del ministro Piero Giarda. Qualche accenno ad una riorganizzazione dei tribunali ha suscitato la protesta dell’Associazione nazionale giudici di pace e dell’avvocatura. Se si riducono dell’80% le sedi dei giudici di pace non circondariali, «si rischia di paralizzare l’intera giustizia italiana per risparmiare 28 miliardi». Si sollevano (e non a torto) i sindacati della polizia penitenziaria. Il segretario del Sappe Donato Capece punta il dito contro la riduzione di 4.000 agenti, quando l’organico è già sotto di 7.000 e quando la stessa spending review punta il dito sul dramma delle carceri sovraffollate.
Altro capitolo abbozzato nella spending review che ha suscitato proteste, la chiusura del dipartimento del Turismo che dovrebbe essere accorpato agli Affari regionali. Contrarie le associazioni imprenditoriali del turismo (Federturismo e Asshotel).
Poi la scuola. Il governo sta valutando se accorpare i piccoli istituti e sui troppi insegnanti i che, per varie ragioni, non insegnano e preferiscono altri incarichi. Ha protestato, sempre preventivamente, la Cisl. E poi i «sindacati» degli studenti: Uds e Rete della conoscenza, sigle vicine alla Cgil.

Il 16 maggio si mobiliteranno contro la spending review. Un bello sciopero studentesco per un’ipotesi di taglio, contenuta in una relazione che, semmai, rischia di rimanere lettera morta e che, nella migliore delle ipotesi, ha tempi lunghissimi.

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