Il decreto Salva Roma che stanziava 600 milioni a favore del Comune di Roma è stato ritirato. Ma i 600 milioni al Comune di Roma ricompaiono in un decreto di fine d'anno, denominato, Milleproroghe. La domanda che sorge è se anche in questo decreto ci sarà una norma riguardante la riduzione delle perdite che hanno causato il buco di 600 milioni, fra cui campeggiano quelle dell'Atac, l'azienda municipale dei trasporti. Questa discutibile sanatoria, un vistoso regale di Natale a carico del contribuente, tartassato da imposte e tasse, ha un senso solo se accompagnata da condizioni per evitare che il buco di bilancio riemerga.
L'Atac ha una perdita cumulativa di 1,6 miliardi fatta negli ultimi dieci anni con una media di 160 milioni annui. Il costo dei trasporti passeggeri dell'Atac è di 6 euro per vettura-chilometro contro i 4,25 che risultano da uno studio dell'Università di Roma, per i trasporti urbani di superficie. I ricavi coprono solo il 30% dei costi, anche perché il 30-40% dei viaggiatori non paga il biglietto e, nonostante l'esubero di personale, mancano i controlli. E pertanto nel decreto Salva Roma, accanto al regalo di 600 milioni per il nuovo sindaco di centrosinistra Ignazio Marino, c'era l'obbligo di privatizzare l'Atac insieme a quello di ridurre il personale in esubero. Ma era un obbligo per modo di dire. Infatti il decreto conteneva un codicillo vergognoso, che forse si sperava risultasse nascosto: quello che per attuare la privatizzazione e la riduzione del personale bisogna interpellare il sindacato. Incredibilmente, il governo ha accolto questo emendamento di origine Pd e lo ha fatto proprio, ponendo la «fiducia» sul decreto: confidando che tutto andasse liscio nella fretta della votazione all'ultimo minuto, prima degli auguri di Natale. Il decreto così si è tramutato in un doppio inganno. Non serviva più solo a «salvare Roma» a spese del contribuente. Serviva a introdurre nel nostro diritto un pericoloso precedente: che per decidere su privatizzazioni e riduzioni del personale occorra il consenso del sindacato. Come richiesto dalla Cgil di Genova nel suo duro sciopero contro la parziale privatizzazione dell'azienda municipale di trasporto che è in perdita. Una norma di questa natura appartiene alla teoria del sindacalismo rivoluzionario di Sorel: è il sindacato che decide, non il Parlamento e il governo e la giunta comunale. Il governo Letta ha chiesto la fiducia su una norma di questo genere, proprio mentre il presidente del Consiglio spiegava che c'è una grande e bella novità: un governo di quarantenni, che «voltano pagina»! Il presidente della Repubblica ha bloccato il decreto, ritirato dal governo nonostante il voto di fiducia.
Se per togliersi l'impiccio si stabilisce che si possono dare al Comune di Roma ben 600 milioni, senza porre alcun obbligo di privatizzare le imprese pubbliche e ridurre il personale di troppo si crea un pessimo esempio, anche per gli aumenti delle imposte a carico degli immobili che i comuni pretendono per continuare a sovvenzionare imprese in perdita e personale in più. Dove sono finiti i «costi standard»? È questa la novità del governo dei quarantenni o si tratta della vecchia politica con mille proroghe?
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