Roma - Un tipo «cordiale», alla mano, pure simpatico, addirittura «spiritoso», quando prende in giro Gianroberto Casaleggio: «Ah, e lei sarebbe il famoso guru?». Se è preoccupato per la tenuta del governo, Giorgio Napolitano certo non lo fa vedere a Grillo e soci. Se si è infuriato per l'accelerazione decisa dalla Cassazione sul processo Mediaset, di sicuro non si sfoga con i Cinquestelle, che anzi lo accusano di aver fatto nascere un esecutivo «che cura solo gli interessi di Berlusconi». Il capo dello Stato è lucido e fa battute ma insomma, dice il capogruppo al Senato Nicola Morra, «è un vecchio nonno, uno che è andato con la memoria alla sua Napoli del '44». Uno che non resterà fino al termine del mandato. «Ci ha spiegato che non ha le pile Duracell e che dunque non arriverà alla fine del settennato. Ha le spalle larghe, però ci ha raccontato che appena possibile mollerà».
Detto così sembra quasi un annuncio. In realtà non è nemmeno una notizia, ma un tormentone che il Colle non commenta: il presidente ha dichiarato più volte che «la carta d'identità non mente» e che rimarrà, se le forze lo consentiranno, finché la situazione non si sarà stabilizzata. Ecco, appunto, dopo la data fissata dalla Suprema Corte, la pentola della politica bolle di nuovo. In questo quadro altro che dimissioni, Napolitano dovrà forse rimandare le vacanze. Intanto in serata riceve nel suo studio Enrico Letta, lo invita ad «andare avanti» nell'azione di governo e concorda le prossime mosse.
La diplomazia del Quirinale in realtà si è già messa in moto da 48 ore, dando il via a un'operazione-sminamento, la millesima, che ha portato a casa qualche risultato. Il primo obbiettivo del Colle era infatti di evitare che lo scontro tra la magistratura e il Cavaliere si trasformasse in uno strappo tra Pdl e Pd. Così, come rivelano fonti parlamentari, tra martedì sera e ieri mattina, Napolitano ha fatto sapere al centrodestra che il governo non avrebbe resistito a un Aventino e ha invitato il centrosinistra a moderare i commenti per non buttare altra benzina.
E ancora una volta devono avergli dato retta. I tre giorni di astensione dell'attività parlamentare chiesti dal Pdl sono diventati due, poi uno e mezzo e infine una scarna mezza giornata. «Una sospensione per darci il tempo di svolgere la nostra direzione», sostiene Renato Brunetta. «Da parte nostra nessuna volontà di bloccare il Parlamento - aggiunge Renato Schifani - Una prassi consolidata prevede la possibilità di un gruppo di chiedere una sospensione per consentire di discutere di vicende delicate che, anche se extraparlamentari, assumono una importanza per la vita di un partito».
Pure sull'altro fronte, commentano al Quirinale, c'è stato «senso di responsabilità». Con qualche mal di pancia della sinistra interna e dei renziani, con qualche scazzottata in aula con i grillini infuriati, ma il Pd ha appoggiato la richiesta del Pdl scongiurando una crisi di governo. La mediazione presidenziale stavolta ha funzionato, però quanto durerà? Quante volte ancora il capo dello Stato riuscirà a metterci una pezza? E che succederà se il 30 luglio la Cassazione confermasse la sentenza contro Berlusconi?
Sono domande che pure Napolitano si sta ponendo.
Per le risposte bisognerà forse aspettare la settimana prossima, quando riceverà la stampa per la cerimonia del Ventaglio e dirà la sua. Grillo gli ha chiesto di tornare al voto. Ma se resta il Porcellum, ha replicato Re Giorgio, come si fa a sciogliere il Parlamento?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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