Più passa il tempo, maggiori sono le possibilità che le riforme vengano impallinate. Il problema è che il tempo sta passando velocissimo anche per il «torrente impetuoso» Matteo Renzi. E lo sbocco nella «palude» si avvicina pericolosamente per tutte le principali scelte del governo. Dall 'abolizione del Senato (per la quale si cerca un compromesso) alla riforma elettorale, (in teoria la prima), poi la riforma del titolo V (il federalismo) che dovrebbe arrivare entro il mese. Poi ci sono quelle fatte a metà. La riforma del lavoro, affidata in buona parte a un disegno di legge dai tempi lunghi e la restituzione dei debiti della Pa.
Ora la corsa contro il tempo che Renzi non può assolutamente perdere è quella per il Documento di economia e finanza. Il vero esame dell'Europa al governo Renzi - al netto dei sorrisini di scherno - sarà sul documento che contiene le previsioni su conti e crescita.
Pier Carlo Padoan al ministero dell'Economia e Carlo Cottarelli a Palazzo Chigi, stanno cercando la formula magica per evitare una brutta figura all'esecutivo.
La quadratura del cerchio è il rispetto dei vincoli europei e la copertura dell'ambizioso programma del permier, a partire dal taglio dell'Irpef da 10 miliardi. Il problema sta emergendo soprattutto sul 2014. La quota di una tantum da trovare potrebbe salire perché dalla spending review, stanno emergendo tagli al massimo per 4 miliardi per la parte che resta dell'anno, e non 5 come programmato. Il governo sta cercando di fare passare anche l'utilizzo dei risparmi di spesa dovuta al calo degli interessi sul debito pubblico. Resta invece sullo sfondo la partita per recuperare tutti i decimali di punto che separano il deficit 2014 dal 3%. Non se ne riparlerà per un po', perlomeno fino a quando da Bruxelles non sarà arrivato il «sì» al Def.
Nel documento di economia e finanza ci dovrebbero essere le previsioni di crescita : un po' più pessimistiche rispetto a quelle di Letta, che dava il Pil di quest'anno all'1%, ma meno negative rispetto a quelle di tutti gli osservatori internazionali, che accreditano, al massimo, uno 0,6%. Anche sulle previsioni del Def è in corso un braccio di ferro, ad esempio tra chi vorrebbe mantenere un profilo basso e chi invece vorrebbe azzardare un effetto positivo delle riforme approvate (ad esempio quella sul lavoro) sulla crescita.
Sugli sgravi a favore dei redditi bassi è in corso un confronto nel governo. Il ministero dell'Economia sta lavorando principalmente ai tagli delle detrazioni Irpef, come da programma. Ma in questi giorni sono emerse altre ricette. L'idea del bonus in busta paga, ipotizzata dal quotidiano Repubblica e smentita dal ministero, non farebbe parte delle ipotesi più accreditate, anche perché avrebbe un effetto paradossale: la cifra verrebbe tassata. Sicuramente costerebbe meno, ma si tradurrebbe in una riduzione drastica dell'aumento in busta paga, che passerebbe dagli 80 euro mensili annunciati a 60. È emersa anche l'ipotesi di sgravi sui contributi previdenziali, quindi un intervento centrato ancora di più sui redditi da lavoro. Poi c'è il nodo incapienti, cioè i redditi sotto gli 8 mila euro, che non avranno alcun beneficio. Palazzo Chigi vorrebbe includerli. Il bonus potrebbe andare a loro, magari in misura minore rispetto agli 80 euro per gli altri redditi, da 8 fino a 25mila euro all'anno,
Le coperture devono essere trovate a tutti i costi. Il premier Renzi si è esposto su tutti i fronti e così ieri il sottosegretario all'Economia Giovanni Legnini ieri si è affrettato a smentire le cassandre: «La copertura ci sarà». L'agenda è quella nota. Entro il 10 aprile il Def, che sarà portato a Bruxelles, al massimo il 30 aprile, insieme alla Piano nazionale di riforme. Il governo italiano è tenuto a spiegare a Bruxelles come intende incidere sui principali problemi del Paese. Principalmente l'alto debito pubblico e la scarsissima produttività del lavoro.
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