«Scoppia il caso Guidi», titolava qualche giorno fa il quotidiano La Repubblica. In realtà, fino ad allora nessuno se n'era accorto. Al contrario molti media sottolineavano i tentativi di influenzare la composizione del governo Renzi da parte dell'editore dei quotidiano romano. Il caso di Barca, lanciato al dicastero dell'Economia suo malgrado, poi quello di Federica Guidi, gradita al premier Matteo Renzi, ma sgradita da sinistra e Repubblica al ministero dello Sviluppo economico.
Tanto interesse nella composizione del governo ha fatto venire in mente a molti un conflitto molto più concreto di quelli di Guidi: quello dei De Benedetti, proprietari di Sorgenia, gruppo in forte difficoltà al quale non farebbe male avere ministri amici.
Ma tant'è. Al neo ministro alle Attività Produttive alla fine è toccato giocare in difesa; smentire sotto tutti i punti di vista eventuali impedimenti a ricoprire la carica. Con Confindustria - hanno precisato prima il ministro e ieri il presidente Giorgio Squinzi - Guidi non ha rapporti da tempo. Lei stessa ha precisato: niente cene ad Arcore con Silvio Berlusconi.
Ma non è bastato all'ex viceministro Stefano Fassina che ieri, mentre il premier Renzi chiedeva la fiducia al Senato, ha auspicato una soluzione al conflitto della ex leader dei giovani industriali. Ha specificato che le dimissioni dalle cariche nelle aziende «sono irrilevanti rispetto al conflitto», perché «lei e la famiglia restano proprietari di un'azienda che ha molte commesse dalla pubblica amministrazione». Fassina lascia intendere che l'unica soluzione sono le dimissioni. «La presenza di Federica Guidi è inopportuna».
Tutta un'altra storia quella di Giuliano Poletti, ha tenuto a precisare Fassina. Perché lui non è proprietario delle cooperative. Eh già, perché l'effetto del «caso Guidi» è stato quello di stuzzicare le opposizioni, in particolare il M5s, su altri conflitti di interessi. I riflettori sono finiti sul ministro del Lavoro. Domenica Palazzo Chigi aveva annunciato che Renzi si sarebbe occupato «personalmente» dei due casi e ieri Poletti ha annunciato le dimissioni da tutti gli incarichi finora ricoperti. In particolare, le dimissioni riguardano la presidenza dell'Alleanza delle Cooperative Italiane, di Legacoop e di Coopfond, il fondo di promozione dell'associazione cooperativa. Poletti si è inoltre dimesso da consigliere della Fondazione Obiettivo Lavoro.
Lui stesso ha poi precisato di sentirsi tranquillo in vista dell'esame al quale il premier sottoporrà lui e Guidi: «Non ho alcun conflitto di interessi perché da 12 anni il controllo delle cooperative compete al ministero dello Sviluppo economico e non al ministero del Lavoro, quindi io non vigilo nessuna cooperativa».
Guidi e Poletti legati dallo stesso destino. In attesa di un giudizio che non potrà che essere identico per entrambi.
A ben guardare non è la prima volta che succede. Il neoministro del Lavoro tempo fa fu chiamato in causa per un altro conflitto di interesse: quello sulle relazioni industriali. Possibile che un datore sia legato politicamente, per via partitica (la Legacoop è la centrale cooperativa vicina al Pd) al primo sindacato italiano, che è per giunta quello più conflittuale?
La risposta di Poletti non lasciò spazio a dubbi. «Ci sentiamo cugini della Confindustria e controparti della Cgil.
Quando se ne accorgerà, tirerà fuori anche per Poletti l'accusa dell'unico vero conflitto di interessi che conta per una certa parte della sinistra: la connivenza con il nemico.
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