Il ricatto di Pd e partitini: Renzi rischia sull'Italicum

I tentativi della minoranza dem per bloccare la legge elettorale: sistemi diversi per le Camere oppure una riforma legata all'addio al Senato. Forza Italia avvisa il premier: rispetti i patti

Il ricatto di Pd e partitini: Renzi rischia sull'Italicum

Cespugli e pezzi di Pd all'assalto dell'Italicum. Più si avvicina il redde rationem sul patto siglato tra Renzi e Berlusconi sulla legge elettorale, più la minoranza piddina e i piccoli partiti affilano le armi. Verdini non si schioda: i patti si rispettano; Renzi vorrebbe tener fede alla parola data ma ha contro l'alleato di governo Alfano e ampi settori del Pd. Quindi traccheggia e, forse, prenderà tempo. Soltanto ieri sono stati depositati altri 50 emendamenti per rottamare l'accordo del Nazareno. Tra questi, anche quello firmato dal bersaniano Alfredo D'Attorre che cancellerebbe la regolamentazione del sistema di voto per il Senato: un «macellum». Partorito per superare l'impasse derivato dai mal di pancia dei piccoli partiti che dall'Italicum avrebbero tutto da perdere, D'Attorre propone: approviamo subito l'Italicum ma soltanto per la Camera. Per il Senato, invece, non tocchiamo niente. Risultato: andrebbe bene se il Parlamento riuscisse effettivamente ad abolire Palazzo Madama ma se per caso non ce la facesse? Ipotesi peraltro non da escludere visto che l'iter della riforma è lunga e necessita di una doppia lettura più un eventuale conferma con referendum. Il risultato sarebbe un vero e proprio mostro: si rischierebbe di andare a votare con due sistemi elettorali differenti: l'Italicum per la Camera e il «Consultellum» per il Senato. Consultellum che è una manna per i micro partiti perché ha una soglia di sbarramento bassissima (3 per cento per le singole liste coalizzate, ndr). Il prodotto sarebbe ridicolo: una Camera con solo grandi partiti e un Senato infestato dalle pulci che terrebbero il governo sotto ricatto.

La proposta del bersaniano viene respinta con sdegno da Forza Italia per bocca di Brunetta: «Io li chiamo tutti “emendamenti campa-cavallo” o “Penelope”. E se non li ritirano significa che Renzi non tiene né il Pd né la maggioranza dei partitini. È un altro tentativo da “apprendisti stregoni” per tentare di bloccare la necessaria riforma elettorale». E ancora: «Una riforma così sarebbe incostituzionale e irragionevole». D'Attorre, di fronte all'obiezione di probabile incostituzionalità, fa spallucce: «Beh, parliamo di un'ipotesi estrema, quella per cui il Senato resta in piedi...». Altri del Pd come Damiano applaudono: «È un positivo compromesso», mentre l'Udc si lecca già i baffi con Gianpiero D'Alia: «È un modo corretto di procedere, visto che l'accordo complessivo sulle riforme istituzionali prevede il superamento del Senato». L'escamotage D'Attorre piace al Nuovo centrodestra anche se Quagliariello non nega che ci siano dei problemi tecnici con due sistemi di elezione differenti: «Tuttavia potrebbe fare da pungolo affinché la riforma del bicameralismo perfetto si faccia sul serio». La scialuppa di salvataggio principale per i micro resta l'emendamento Lauricella che abbina l'entrata in vigore dell'Italicum all'approvazione della riforma del Senato per cui fa il tifo Alfano. E poi c'è il cosiddetto Pisicchium, da un emendamento di Pino Pisicchio: approvare l'Italicum ma farlo entrare in vigore tra un anno.

In questo modo Renzi incassa un primo successo mentre Alfano guadagna un po' di tempo spostando in là l'incubo urne. Sarà questo il punto di caduta di una mediazione infinita? Di certo la legge elettorale resta una matassa che s'aggroviglia sempre di più.

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