La raccomandata è surreale. È arrivata lo scorso 11 luglio a Roberto Steffen, titolare di una ditta di costruzioni meccaniche che porta il suo nome e opera a Ghevio, frazione di Menia, località piemontese nell'entroterra del lago Maggiore. Reca una notizia che l'imprenditore aveva ormai dimenticato: la commissione tributaria centrale, sezione di Torino, aveva finalmente esaminato il ricorso contro un accertamento fiscale sui redditi Irpeg e Ilor del 1980. Il ricorso è stato respinto. Pazienza. Lo scandalo è nelle date: 33 anni per definire una pratica tributaria. «Sono gli anni della vita di Gesù Cristo - commenta Steffen - che ne ha fatti di miracoli...». La ditta di Ghevio è un'officina di precisione: produce parti meccaniche per l'aeronautica ed è tra i fornitori di AgustaWestland che ha la base poco lontano da Malpensa, nel Varesotto. Il distretto industriale di Gallarate si trova a una trentina di chilometri. «Fino al 2005 avevamo 20 dipendenti, ora sono rimasti in cinque - sospira Steffen - Colpa della crisi. Noi le tasse le abbiamo sempre pagate fino all'ultima lira. Per fortuna siamo ancora in piedi». Nel dicembre 2012 in ditta arriva una raccomandata: con grande spreco di maiuscole, essa spiega che la Commissione Tributaria Centrale avrebbe discusso nel giugno successivo il ricorso relativo al 1980. La decisione, protocollo numero TO-1764/2013, è depositata il 3 luglio 2013. Ricorso inammissibile.
Dispiaciuto? «Guardi - risponde Steffen - è passato così tanto tempo che non ricordo neppure di che cosa si tratti. Non ho perso tempo a cercare carte così vecchie. Allora avevo 28 anni, adesso ne ho 61. Avevamo un ragioniere che si occupava di queste pratiche ed è morto anni fa. Quel ricorso l'aveva redatto lui, anche se era firmato da me come legale rappresentante. Ora ci appoggiamo a uno studio di commercialisti al quale però non abbiamo passato tutti i fascicoli». Trentatré anni per un ricorso tributario. «Una barzelletta drammatica - scuote la testa Steffen - quando lo racconto nessuno ci crede». Non è l'unica assurdità capitata all'imprenditore piemontese nei rapporti con il fisco. «Quattro anni fa ricevo una multa di 135mila euro perché nel 2004 non sarei stato congruo con gli studi di settore. Era un periodo difficile di mercato, avevo lasciato l'azienda a un personaggio che non lavorava bene e avevo registrato una perdita. L'ufficio delle imposte mi intimava di pagare per evitare un accertamento».
«Non congruo»: nessun dettaglio sull'errore commesso. Steffen prende le carte e scende ad Arona. «Gli ho offerto 25mila euro, il 20 per cento della multa, per chiudere la faccenda. La risposta fu: qui non siamo al mercato. Benissimo. Ho messo la pratica in mano all'avvocato. Era luglio. A dicembre le Entrate mi riconvocano. Gli offro 13.500 euro. Hanno accettato». E senza documentare le accuse di evasione fiscale. «Hanno creato un mostro. Hanno dimostrato che è meglio evadere: se veramente non avessi pagato le tasse me la sarei cavata con il 10 per cento del dovuto». C'è da chiedersi perché un'azienda che si trova a un'ora di strada da Brissago o da Chiasso non si trasferisca in Svizzera. «Io sono cittadino elvetico - dice l'imprenditore - e dopo la vicenda dell'accertamento ho preso la residenza in Austria, dove trascorro le vacanze e ho costruito una casetta.
Ho passato le redini della Steffen costruzioni meccaniche a mio figlio, mi sono licenziato anche se continuo a dare una mano. Lavoro lo stesso, più di prima, senza stipendio. Ma non voglio più avere nulla che fare con il fisco italiano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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