Viene menzionata per la prima volta nel 1907 da un neurologo francese e indica il «risveglio» dopo uno stato di coma accompagnato dalla capacità di «borbottare» in una lingua sconosciuta o parlare con la propria lingua madre, ma con un accento completamente diverso. Oggi si contano una sessantina di casi relativi alla «Sindrome da accento straniero»; ultimo della serie, quello reso noto pochi giorni fa, relativo a una cittadina australiana che, dopo un periodo di incoscienza, ha mostrato di saper parlare con accento francese senza aver mai avuto a che fare con l'idioma parigino. Per i neurologi è la conseguenza di un danno cerebrale dovuto a un'emorragia, a un trauma cranico o, in rari casi, a forti emicranie. Spesso il disturbo è accompagnato da ansia e depressione. Studiosi di Oxford hanno individuato l'area precisa del cervello legata alle funzioni linguistiche che, se danneggiata, può causare difficoltà nell'uso della parola, compresa questa curiosa sindrome. Concerne, infatti, l'apprendimento del linguaggio, la capacità di emettere correttamente sillabe e vocali, l'intensità del suono, e l'assunzione di specifici accenti. Recentemente s'è parlato del cervelletto, che controlla le funzioni motorie, ma potrebbe essere legato anche a deficit linguistici.
I pazienti sono consci di questa loro prerogativa e non sempre riescono ad accettarla. Interessante citare i casi più eclatanti di «Sindrome da accento straniero», la cui comprensione può aiutare a far luce sui misteri che ancora avvolgono lo studio del cervello umano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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