Riforma costituzionale, per il presidenzialismo bastano meno di 7 mesi

Ecco l'iter della riforma proposta da Berlusconi: mettendosi tutti d'accordo basterebbero 5-6 mesi

Riforma costituzionale, per il presidenzialismo bastano meno di 7 mesi

Per la fine dell’anno il semi-presidenzialismo all’italiana potrebbe essere una realtà. Nel Pdl ne sono convinti e ripetono che mettendosi tutti d’accordo basterebbero 5-6 mesi. Per il presidente del Senato Renato Schifani i tempi tecnici ci sono. «È solo questione di volontà politica», ripete il vicecapogruppo a Palazzo Madama, Gaetano Quagliariello.

L’éscamotage per far partire a metà percorso la proposta lanciata da Silvio Berlusconi sarebbe quello di saltare a pie’ pari una lunga e travagliata discussione in Prima commissione (Affari costituzionali) e presentare un emendamento al pacchetto di riforme istituzionali appena approderà in aula, entro due settimane. Con le principali forze politiche d’accordo sul modello francese, a incominciare dal Pd che non ha chiuso la porta, seguirebbe un dibattito a ritmi serrati sul testo.

Il calendario «ideale» delle mosse successive sarebbe questo: a metà giugno potrebbe esserci la prima approvazione in Senato e un mese dopo quella alla Camera; poi i 3 mesi d’interruzione previsti dalla Carta e la seconda approvazione, a metà settembre a Palazzo Madama e a metà ottobre a Montecitorio. Naturalmente, larga maggioranza e nessun referendum. Promulgazione del presidente della Repubblica ed entro fine anno ecco la nuova legge costituzionale, ben prima dello scioglimento delle Camere previsto nei primi mesi del 2013.

Utopia? Il tempo lo dirà, gli scettici sono tanti e le polemiche divampano. Ma certo il Cavaliere, Angelino Alfano & company sembrano decisi a dimostrare che la loro non è stata solo una boutade.

Il primo nodo è quello della legittimità della procedura: introdurre con il semi-presidenzialismo una così importante modifica della Carta attraverso un emendamento in aula al disegno di legge costituzionale che, tra l’altro, taglia il numero dei parlamentari. «Non ho un pregiudizio negativo - avverte il responsabile del Pd per le riforme istituzionali, Luciano Violante -, ma nessun sistema serio cambia per emendamento la forma di governo da parlamentare in presidenziale».

Schifani, però, è di parere opposto: «Non vedo inammissibilità alla proposta di Berlusconi. I tempi ci sono ancora per un dibattito in aula che possa introdurre questa modifica. Mi limito ad osservare che si tratta di una proposta strategica e strutturale. Saranno i responsabili delle forze politiche ad assumersi la responsabilità delle loro posizioni».

Proprio questo sembra volere il Pdl: spingere gli altri ad uscire allo scoperto e spiegare, magari contraddicendosi, perché vogliono impedire una riforma che, almeno in teoria, si potrebbe fare in questo scorcio di legislatura.

Dal Pd all’Udc, dalla Lega al Fli e all’Idv è stato un coro di no, con diverse modulazioni, più che nel merito sulle concrete condizioni per arrivare all’approvazione.

Anche nel Pdl c’è chi frena, soprattutto perché non crede nella possibilità di avere davvero il tempo necessario per affrontare un tema così pesante. Uno è Carlo Vizzini, presidente della prima commissione del Senato e relatore del ddl riforme costituzionali che faticosamente sta cercando di portare in porto ed ora teme di veder saltare.

«Per capire - dice - se il tempo basta o non basta, oltre agli aspetti tecnici bisogna accertare se i due rami del parlamento ne vogliono parlare o meno, se c’è una volontà politica in tal senso. Mi chiedo perché finora non si è affrontata la questione e adesso, invece di accelerare sulla legge elettorale, si mette in campo un pallone diverso».

In Commissione, comunque, si rispetterà il programma previsto: martedì mattina limatura dei testi, poi seduta notturna e nuova riunione mercoledì mattina. Il 30 maggio si dovrebbe arrivare all’approvazione del testo che una settimana dopo, i primi di giugno, approderebbe in aula. Allora, l’emendamento berlusconiano metterebbe nell’arena politica la questione del semi-presidenzialismo.

Al Pd, che con Enrico Letta e Rosy Bindi ripete che questo parlamento non può essere costituente, replica l’associazione presieduta da Luca di Montezemolo, «ItaliaFutura».

«Si discuta nel merito - dice un editoriale - la proposta di Alfano, si propongano soluzioni da adottare in tempi realistici, si eviti di esibire rifiuti preconcetti dopo essersi dichiarati a favore del sistema francese».

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