Politica

Risposta obbligata

Le previsioni erano che a influenzare verso il radicalismo di destra le scelte di voto degli israeliani il 28 marzo prossimo sarebbero stati i palestinesi con qualche spettacolare azione terrorista. L'azione che potrebbe influire su una delle più addormentate campagne elettorali della storia di Israele è stata invece israeliana con l'assalto alla prigione di Gerico. Qui da quasi due anni era incarcerato Ahmed Saadat, il leader del Fronte popolare di Liberazione palestinese che aveva umiliato due volte Israele. La prima organizzando l’assassinio del ministro israeliano del Turismo Rehavam Zeevi con una spericolata azione nell’albergo in cui abitava. La seconda obbligando Israele - dopo l’occupazione armata palestinese della Chiesa della Natività di Betlemme - a far ricadere la responsabilità di questo atto sacrilego su Israele obbligando il governo di Gerusalemme ad accettare un contorto compromesso. Il super terrorista sarebbe stato posto sotto custodia di poliziotti palestinesi controllati a loro volta da agenti inglesi e americani per garantire che non aprissero le porte ad un prigioniero da loro considerato eroe nazionale. Questo intricato e costosissimo sistema di prigionia creato all’origine per salvare la faccia alle parti ed evitare che uno dei luoghi santi della cristianità si trasformasse in un campo di battaglia, non poteva durare.
È bastato che il presidente Palestinese Abu Mazen rendesse nota la sua intenzione di rimettere in libertà Ahmed Saadat, come chiestogli da Hamas come condizione per assumere le responsabilità di governo palestinese, perché Israele attaccasse la «prigione» di Gerico.
L'unico elemento positivo in questo nuovo scoppio di violenza che contiene tutti gli ingredienti per scatenare una crisi locale e internazionale è che Ahmed Saadat - dopo aver giurato di resistere sino alla morte - si è arreso assieme ad altri terroristi ricercati. Se fosse infatti stato ucciso sarebbe diventato un martire con effetti di violenza a 360 gradi. Anzitutto perché Hamas pur non avendo molta simpatia per un leader dell'ultra «laico» Fronte popolare palestinese, avrebbe dovuto vendicarne la morte con risposte che non ha alcun desiderio di lanciare, in un momento i cui tutti gli sforzi - interni ed esteri - del movimento fondamentalista islamico che ha vinto le elezioni in Palestina sono diretti a consolidare la sua immagine e autorità di partito responsabile e internazionalmente accettabile come interlocutore politico.
In secondo luogo se Saadat fosse stato ucciso la posizione dei «carcerieri» inglesi e americani responsabili dei «carcerieri» palestinesi dell’illustre terrorista sarebbe stata politicamente molto più compromettente in quanto non c'è oggi un palestinese che non sia convinto che questi «guardiani» (che si sono allontanati dal luogo di combattimento 15 minuti prima dell’attacco israeliano) non fossero in combutta con gli israeliani invece di immolarsi per un prigioniero che non avevano alcun obbligo di difendere.
In terzo luogo il governo israeliano condotto dal facente funzione di primo ministro Ehud Olmert, capo del partito Kadima fondato da Sharon (del quale non ha né il carisma, né la sensibilità politica, né il prestigio militare) si è trovato suo malgrado messo con le spalle al muro dall’intenzione del presidente Palestinese di rimettere in libertà uno dei più famosi terroristi palestinesi ideologicamente più ostili a Israele.
Non è detto che con questa azione di forza Olmert non abbia fatto esplodere quel barile di odio e di polvere palestinese che tanto lui - quanto paradossalmente Ismail Haniye il leader di Hamas, incaricato di formare il nuovo governo palestinese - volevano per motivi diametralmente diversi evitare di accendere almeno sino a dopo le elezioni israeliane e l'investitura parlamentare del governo palestinese. La violenta reazione popolare a Gaza e in Cisgiordania potrebbe sfuggire di mano tanto ad una autorità palestinese che non è ancora un governo quanto ad un governo israeliano che non sa se sarà confermato alla guida del Paese fra due settimane. Certo è che se Olmert avesse tentennato davanti alla possibilità che Saadat riuscisse a sottrarsi alla giustizia israeliana o al controllo internazionale, lui e il suo inesperto partito, le elezioni le avrebbe probabilmente perdute.
Non è detto che con questo atto di forza le vinca, come sperava, alla grande.

È tuttavia possibile che grazie alla resa poco gloriosa di Ahmed Saadat e i suoi 4 compagni (diventati eventuale «merce di scambio») la situazione in Palestina ritrovi la fragile e ipocrita tranquillità degli ultimi mesi.

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