Milano - «Sono indignata. È come se qualcuno si fosse introdotto in casa mia e avesse frugato fra le mie cose. Leggere quell'articolo sulla Stampa è stato come subire uno stupro, sì una sorta di stupro, mi creda».
Daniela Santanchè è sconcertata, avvilita, mentre commenta con le parole più amare il pezzo sulla sua abitazione milanese dove il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, suo compagno, andrà a scontare gli arresti domiciliari per l'oramai arcinota vicenda giudiziaria che l'ha visto protagonista. Nell'articolo, redatto da Fabio Poletti, si descrive infatti con dovizia di particolari e dettagli inediti, l'elegante dimora dell'ex sottosegretario del Pdl. «...Un domicilio si legge tra l'altro da 920 metri quadri su quattro piani con piscina coperta rivestita in madreperla, letto king size e pareti interne istoriate da una poesia di Verlaine che gira di locale in locale...».
Una descrizione che, sia pure enfatizzata, Daniela Santanchè conferma come veritiera e quindi meritevole della querela che, mediante il suo avvocato, Annamaria Bernardini de Pace, l'esponente Pdl ha sporto contro il direttore della Stampa, Mario Calabresi («L'ho chiamato al telefono e non si è nemmeno degnato di venire a rispondere») e contro l'autore del pezzo sul quotidiano torinese. «Solo ciò che si ruba si nasconde - precisa - e tutto ciò che è in questa casa è frutto del mio lavoro, ci sono regali e ricordi cui tengo, c'è la storia della mia famiglia. L'articolo - si sottolinea nella querela - si pone in gravissima violazione del decreto 196/03 che tutela la privacy, descrivendo l'ubicazione e caratteristiche interne ed esterne dell'abitazione della signora Santanchè, nella quale vive pure il figlio minorenne... L'ingiustificabile divulgazione di numerosi dati, di nessuna rilevanza pubblica, rappresenta potenziale rischio per l'incentivazione alla commissione di ulteriori gravi reati: furto, rapina, stalking, violenza privata ed altro». Querela dovuta, dunque, secondo Daniela Santanchè «soprattutto per tutelare anche mio figlio Lorenzo, non posso accettare che venga messa a rischio anche la sua incolumità». In ogni caso, una querela civile e non penale come ha tenuto a precisare al Giornale la stessa Santanchè «perché l'ultima cosa che voglio è che, per un articolo su un giornale, a qualche altro giudice venga in mente di mandare in galera un altro giornalista».
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