Scuole private in crisi: ma se loro chiudono lo Stato perde 6 miliardi

Crollano gli iscritti, gli istituti paritari denunciano: qui in Italia siamo discriminati e così le rette diventano più alte

Scuole private in crisi: ma se loro chiudono lo Stato perde 6 miliardi

Roma - La crisi delle scuole paritarie penalizza soprattutto gli studenti in difficoltà e le famiglie disagiate. E se chiudessero tutti insieme gli istituti non statali le casse dello stato dovrebbero affrontare una spesa imprevista di 6 miliardi di euro. A dirlo è il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini durante il convegno «Scuole pubbliche o solo statali? Il pluralismo dell'offerta. Francia, Olanda, Inghilterra, Usa e il caso Italia», organizzato da Trellle. «Ci sono 13.800 istituti, con un milione e 34mila studenti e sono finanziati da 500 milioni di euro. - sottolinea il ministro- Se tutte insieme le scuole paritarie spegnessero le luci avremo un grande problema da 6 miliardi di euro». La spesa schizzerebbe in alto perché mentre l'alunno della statale costa allo stato 6.800 euro l'anno quello della paritaria costa 460 euro, con un risparmio di 6.340 euro all'anno per alunno. Il resto lo pagano le famiglie. L'analisi sul rapporto pubbliche paritarie presentata da Trellle (associazione no profit che da oltre 10 anni si occupa di education) sfata una serie di luoghi comuni sulle scuole “private“ che poi private non sono più da 14 anni, da quando è stata approvata la legge sulla parità scolastica che aveva dipinto un unico sistema di istruzione nel quale avrebbero dovuto convivere con pari dignità scuole statali e paritarie.

Così non è stato. Gli istituti non statali in Italia sono in crisi per mancanza di fondi (gli studenti sono passati dal 27 al 12 per cento sul totale) mentre in altri paesi le cose vanno diversamente. «Negli Stati Uniti, in Inghilterra e nei Paesi Bassi la cifra fissa spesa per alunno che frequenta una scuola non statale è pari a quella spesa per un alunno della statale. -spiega il presidente di Trellle, Attilio Oliva- In Italia invece le famiglie sostengono quasi per intero i costi della frequenza delle scuole paritarie, con esborsi che variano tra i 3 mila ai 10 mila euro». Lo spettro della privatizzazione della scuola sbandierato dalla sinistra quindi in realtà ha prodotto esattamente il contrario ovvero il monopolio dello statalismo. Nel nostro paese le famiglie non hanno una vera libertà di scelta per l'educazione di propri figli. Questa la tesi di Oliva. «Il pluralismo dell'offerta formativa in Italia si è realizzato a metà. -dice Oliva- Le scuole paritarie sono in costante declino e anche le migliori chiudono una dopo l'altra perché le famiglie non ce la fanno più». Basta fare un confronto con altri paesi per capire che questo declino penalizza in realtà i meno abbienti. L'esperienza delle Academies in Inghilterra e delle Charter school in Usa, scuole gestite da private ma sostenute da fondi pubblici insegna che a beneficiare di questo servizio sono proprio gli studenti più a rischio. «In Italia occorre fronteggiare l' emergenza degli abbandoni, che riguarda il 20 per cento della popolazione scolastica mentre la media europea è del 10 per cento -dice Oliva- Occorre adattare metodologie didattiche ed organizzazione per i ragazzi resistenti all'insegnamento. Si tratta di una battaglia in favore delle classi e dei ragazzi poveri, perché le persone ricche troveranno sempre una buona scuola e buoni professori per i loro figli. Dobbiamo guardare all'esperienza degli Stati Uniti e dell' Inghilterra per le risposte».

Altra nota dolente per la scuola italiana sottolineata in una ricerca Ocse ed evidenziata dal ministro Giannini è l'età media degli insegnanti: 48,9 anni, i più anziani di tutti. Tra le altre criticità segnalate la scarsa valorizzazione della categoria e la mancanza di risorse denunciata dai presidi.

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