Il libro dei "sogni" di Renzi: cuneo fiscale, lavoro e scuola

Il premier anche oggi parla di sogni e promette: "Taglio 10 miliardi di tasse sul lavoro". Ma ce la farà a realizzarlo?

Il libro dei "sogni" di Renzi: cuneo fiscale, lavoro e scuola

Fiducia, atto secondo. Continua lo stanco dibattito per dare il via libera al nuovo governo. All'indomani del risicatissimo voto di Palazzo Madama, Matteo Renzi si presenta alla Camera, dove consegna alla presidente Laura Boldrini la trascrizione stenografica del discorso di ieri, per incassare il secondo via libera. Per nulla preoccupato dai numeri, che a Montecitorio sono dalla sua parte, bacchetta le opposizioni e gli scettici che non sono rimasti affatto convinti dal programma di governo: "La nostra generazione non ha più alibi". E torna a promettere un futuro roseo vendendo sogni che non sa nemmeno come realizzare.

La giornata di Renzi inizia presto. Con un tweet, ovviamente. "Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso. #lavoltabuona". Dopo aver incassato la fiducia al Senato con un pacchetto di voti meno ricco rispetto ai numeri che nel pomeriggio ballavano intorno ai 174 consensi, si butta nell'agone di Montecitorio per espugnare anche l'Aula della Camera. Qui i numeri sono sicuramente dalla sua parte, ma le frizioni con una certa frangia del "suo" Pd e della sinistra restano. Al Senato aveva sparso le carte, alla Camera posiziona invece il pc portatile accanto agli appunti e si sorbisce, uno dopo l'altro, 57 interventi. Il clima è tutt'altro che teso. A tratti è soporifero. Tanto che la Boldrini si vede costretta a riprendere il premier, troppo spesso distratto e assonnato per le lungaggini burocratiche dell'iter parlamentare. Giusto i grillini escono dalle righe con Carlo Sibilia che affibia a Renzi e al ministro Pier Carlo Padoan il poco carino epiteto di "figli di Troika".

Alle 16.30, dopo l'ingresso trionfale di Bersani e Letta in Aula, Renzi prende la parola e si lancia in una replica raffazzonata del discorso di ieri. Le tematiche sono le stesse. Le condisce citando don Milani e La Pira, Falcone e Berlinguer. E chiede al parlamento di "prendere ora, qui e adesso l’occasione della timida ripresa" per "cambiare profondamente il nostro Paese". A partire dalle riforme. L'elenco è lungo: spazia dalla giustizia civile al mercato del lavoro, dalla legge elettorale allo snellimento della burocrazia. E ancora: investimenti nell'edilizia scolastica, lo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione, l’aumento dei fondi di garanzia per combattere i rischi di credit crunch e la riduzione del cuneo fiscale di almeno 10 miliardi di euro. "Le proposte concrete le abbiamo fatte, possono piacere o meno - chiede il premier-sindaco - come si può essere credibili se la pressione è la più alta in Europa?". Come ieri, però, non spiega come intende fare né, tantomeno, dove andrà a trovare la copertura economica. È il libro fatato dei sogni, topos del renzismo politico. È la promessa di un futuro roseo, difficilmente realizzabile. Ma tanto basta per tirare a campare.

L'ottimismo di Renzi cozza coi mal di pancia del piddini critici. La frangia interna al Nazareno potrebbe ingrossarsi e travolgere il neo premier. Annunciando il sì alla fiducia, Stefano Fassina spiega che il suo voto non può essere letto come il conferimento di una delega in bianco: "Sul piano programmatico vi è la più ampia disponibilità possibile ma valuterò esclusivamente il merito dei provvedimenti".

Insomma, il cammino del nuovo governo rischia di essere un calvario estenuante, in particolar modo al Senato. Giuseppe Civati ci tiene a far notare a Renzi che "se non ci fossero stati i perfidi senatori civatiani la maggioranza l'avrebbero assicurata soltanto i senatori a vita".

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